«Cervi e camosci padroni degli orti di Terragnolo» 

Gli alberi da frutto vengono rovinati sistematicamente e qualsiasi coltivazione subisce il pascolo degli ungulati. «Sono bellissimi, ma ormai sono troppi»



TERRAGNOLO. Era già successo l’anno scorso, quest’anno di nuovo: Patrizia Debiasi non mangerà un frutto dai 50 meli che ha piantato a Zoreri di Terragnolo. Perché i cervi durante l’inverno si sono mangiati tutti i rametti destinati a produrre fiori e poi frutti. Ma non è un problema solo invernale e solo di frutteti. Suo marito, dice, sta cercando di recuperare alcuni terrazzamenti assieme a un amico, reintroducendo il grano saraceno come da tradizione locale. Sono tre anni e fanno fatica a raccogliere la semente per l’anno successivo: le piante sono brucate sistematicamente. E lo stesso vale per gli orti. «Sono animali bellissimi - dice la stessa signora Debiasi - ma è evidente che ormai sono troppi. Cervi, caprioli e camosci sono i padroni incontrastati della valle, e non temono affatto di avvicinarsi alle case. Bellissimi da vedere, però rendono impossibile qualsiasi intervento di recupero delle zone coltivabili, indispensabile per evitare un impoverimento definitivo del paesaggio della valle. Ci sono persone che si dedicano con passione a farlo, ma in queste condizioni è frustrante: non si può lavorare un anno per cervi e camosci».

Da “dilettanti” non si ha diritto ad alcun sostegno da parte della Provincia. Che suggerisce di recintare ogni coltivazione con reti alte almeno 2 metri. «Ma parlando di piccoli terrazzamenti, è quasi impossibile e l’impatto paesaggistico è tremendo», dice Debiasi. Che chiede si prenda in considerazione la riduzione della popolazione di ungulati: il paesaggio (e la permanenza della gente in montagna) si difende anche così.













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