flavescenza dorata

Vigneti devastati, l’assessora accusa i contadini: "C'è chi non ha fatto abbastanza"

Giulia Zanotelli scrive agli associati di Coldiretti: "Non tutti si stanno adoperando per rispettare le indicazioni sui trattamenti e estirpare le piante malate"


Luca Marsilli


TRENTO. I più maliziosi una mossa se la aspettavano. E quindi quando nei giorni scorsi si sono visti recapitare la lettera dell’assessora Giulia Zanotelli hanno iniziato a far girare messaggi che la leggono nel più malizioso dei modi: quando si è sbagliato quel che si poteva sbagliare e non si sono ottenuti i risultati che si dovevano ottenere, cosa c’è di meglio che offrire un bel capro espiatorio a chi vede i propri vigneti massacrati dalla flavescenza dorata? Il meccanismo è vecchio quanto l’uomo o, almeno, quanto il governante.

Meno di un mese fa Lucio Caldera, un agricoltore di Romagnano, aveva dato voce a un malumore ormai molto diffuso: in Trentino, diceva, si è sbagliato approccio nei confronti della Flavescenza Dorata: la malattia della vite che sta provocando decine di milioni di euro di danni all’anno. E lo si è sbagliato complevolemente, perché malattia e insetto vettore, lo Scaphoideus Titanus, un animaletto da 4 o 5 millimetri di grandezza, si erano già scatenati nel decennio precedente in Veneto e in Piemonte, e quindi le conoscenze scientifiche maturate sugli errori altrui avrebbero permesso a chi arrivava per ultimo di fare scelte appropriate. Non è stato fatto, insistendo su una strategia, quella della eradicazione delle piante malate, che aveva già mostrato tutta la propria debolezza: la vite colpita può manifestare sintomi visibili anche due anni dopo il contagio e in quei due anni ha tutto il tempo di diffondere la malattia.

Il sistema di gestione della viticoltura in Trentino si basa su pochi capisaldi: la cooperazione, che organizza e dirige le operazioni dei contadini, raccoglie il 95% del vigneto provinciale. L’assessorato provinciale all’agricoltura gestisce il settore assieme alla cooperazione, riconoscendole come è giusto questo ruolo di rappresentante dell’intero settore. Lo fa attraverso organismi in cui proprio i vertici delle diverse cooperative, di primo e secondo livelli, entrano come tecnici e come decisori. E si avvale per l’apporto scientifico dell’opera della Fondazione Mach: una eccellenza a livello mondiale in materia di viti. Quindi di tutta la catena, il meno sospettabile degli anelli.

Nel 2019 di fronte al dilagare della flavescenza dorata, la fondazione Mach eveva suggerito di inasprire la lotta all’insetto vettore trattando le viti con un anticrittogamnico, l’etafenprox, in quel momento non ammesso. Il suggerimento non era stato accolto. Il primo trattamento con atafenprox si è fatto solo nel 2021, riconoscendo finalmente che ce ne era bisogno. Ha ridotto drasticamente l’insetto vettore e la diffusione della malattia. Secondo molti agricoltori, farlo due anni prima avrebbe ridotto a misure irrilevanti il danno sia alle loro aziende, che alla produzione.

Su questo clima si innesta la lettera dell’assessora Giulia Zanotelli. Che ha scritto a tutti gli associati di Coldiretti lamentando che «non tutti gli imprenditori agricoli si stanno adoperando per assicurare puntuale applicazione alle previsioni dei piani, con particolare riferimento alle indicazioni fornite dalla Fondazione Edmund Mach per i trattamenti fitosanitari e all’obbligo di estirpo delle piante sintomatiche» e che la situazione sta peggiorando, con alcune fitopatologie che stanno aumentando la loro incidenza percentuale sui sistemi produttivi del nostro territorio.

Le contromisure individuate sono oltremodo sgradevoli. Detto che solo una minoranza degli agricoltori non ha seguito le linee guida, si prevede un rafforazamento del controllo (sia da parte della Provincia che delle cooperative), la esclusione da contributi pubblici degli agricoltori che non seguono le indicazioni e l’estirpazione coatta delle piante ammalate se il proprietario non provvede da solo. Maggiore attenzione andrà poi prestata alle aree incolte e abbandonate, che potrebbero diventare serbatoio per la malattia.

Quindi il messaggio è che non ci sono stati errori da parte di chi gestisce il sistema, che le contromisure sarebbero state efficaci ma che la lotta alla flavescenza dorata (e agli scopazzi del melo) è fallita per colpa di parte degli agricoltori, non solleciti quanto necessario nell’eradicare le piante ammalate. Chi pur diligente ha avuto i vigneti distrutti, adesso sa che ha un untore da cercare.

 













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