L'ADDIO

Una folla per l’ultimo saluto a Michela 

Il vescovo Tisi: «L’amore è più forte della morte e voi tutti lo dimostrate stando vicini a Stefano, Arianna e Francesca. Vi rialzerete tutti presto». LE IMMAGINI: tutti stretti alla famiglia


di Sergio Zanella


DIMARO. È il giorno del lutto e del cordoglio a Dimaro Folgarida, con l’intera comunità, stretta in lutto cittadino intorno alla famiglia di Michela Ramponi, la mamma di 45 anni vittima della frana di fango e detriti che lunedì sera si è abbattuta sulle case di via Gole e via San Lorenzo, dopo che il rio Rotian era uscito dall’alveo. C’era tutto il paese, ieri pomeriggio,a dare l’ultimo saluto alla sfortunata Michela. Tutto il paese e anche molte persone che venivano dal resto della val di Sole.

Alle ore 15, nonostante i disagi ancora presenti alla circolazione, con la statale 42 del Tonale che è rimasta chiusa al traffico per l’intera giornata, erano centinaia le persone presenti dentro e fuori la chiesa di San Lorenzo. In silenzio e in maniera composta l’intera comunità solandra si è stretta attorno al marito di Michela, Stefano Rossi, carabiniere in servizio a Madonna di Campiglio, alle figliolette Arianna e Francesca miracolosamente sopravvissute all’esondazione di lunedì, e ai genitori della vittima, mamma Annamaria e papà Domenico. Ad officiare la cerimonia, coadiuvato dal nuovo parroco di Dimaro don Stefano Maffei, il vescovo di Trento Lauro Tisi, che ha dimostrato grande umanità e affetto verso la famiglia della defunta. Il vescovo aveva scelto di aprire l’omelia citando le parole di Gesù in croce: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato». E ha spiegato: «Davanti alla morte di Michela, non trovo parole diverse da queste per dar voce al grido di dolore di Stefano, Arianna e Francesca; della mamma Annamaria e del papà Domenico, del fratello Ezio».

Poi ha continuato mostrando la sua vicinanza a tutta la comunità solandra: «Oggi siamo di fronte ad una comunità sfregiata, che però vuole reagire a un evento tanto drammatico che lascia una scia di morte e un senso di impotenza. In un attimo la morte ha violato l’intimità della casa di Michela, lasciando una scia di tristezza. Le mie parole possono addirittura dare fastidio in questa situazione, ma vedo nelle vostre lacrime un dolore che non vi allontanerà mai da lei. La sua vita è stato un servizio alla famiglia e al prossimo, e il vostro amore documentato dal vostro dolore non può finire e non morirà mai. Anche voi della comunità di Dimaro date già segni di risurrezione: l’amore è più forte della morte e voi lo dimostrate. Vi state comportando in maniera composta e anche voi abitanti di Dimaro, come voi parenti, vi rialzerete presto. Rimanete vicini ai vostri fratelli e dimostrategli amore. Sommessamente vi invito a riconoscere nelle vostre lacrime il documento di un amore infinito, che nessuna parola riesce a lenire, nessun tempo potrà mai cancellare. Questo amore ha il volto pieno di tenerezza, di premura, di dedizione di Michela. Questo amore non può morire. Non può finire nel nulla un amore così».

Il vescovo ha guardato anche al futuro, all’operosità della comunità per risollevarsi da una ferita così profonda: «In queste ore, la comunità di Dimaro, così ferita nel profondo, ha trovato la forza di stringersi attorno alla famiglia di Michela, così drammaticamente colpita, e di alleviare i gravi disagi di questi giorni. La vostra comunità sta rivelando non a parole, ma con la concretezza dei fatti, il valore inestimabile del volto delle persone. Vi esorto ad assumervi un impegno: continuate ad avere nel cuore il volto di Stefano, Arianna, Francesca; del papà e della mamma e dei famigliari di Michela. Ce lo chiede la nostra fede, che non può risolversi in astruse dottrine, ma ha bisogno come il pane della concretezza del prendersi carico, del farsi prossimo con la discrezione e il silenzio che un dolore così grande richiede. Anche a nome vostro, pur con la fatica di quest’ora di sofferenza, mi sento di far mie le parole di Giobbe, per affermare in piena fiducia che gli occhi di Michela ora contemplano Dio».

Al termine dell’omelia c’è stato spazio anche per gli ultimi strazianti saluti di amici, famigliari e conoscenti. «Michela ti vogliamo un bene dell’anima – ha detto un parente - . Tutta la valle ci sta aiutando a rialzarci da questa tragedia. Ci hanno regalato un sacco di cose e prestato un appartamento bellissimo. Stiamo fisicamente bene ma vorremo averti qui vicina. Sostienici da lassù e aiutaci a ringraziare tutte quelle persone che, rischiando la loro vita, hanno salvato tre di noi. Ci manchi, ma non ti dimenticheremo mai».

Dopo i saluti è poi stato il momento della toccante fase dell’uscita del feretro dalla chiesa. Tra due ali di folla, con in prima linea i colleghi dell’arma del marito, la bara di Michela è stata caricata nel carro funebre per il viaggio verso la sala crematoria. Un ultimo saluto per una donna che, in un’immane tragedia, ha lasciato un vuoto immenso nella comunità di Dimaro.Il vescovo, poi, ha anche fatto visita agli sfollati negli alberghi che li ospitano e ha cercato di infondere loro coraggio.

 













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