Una coppia uccisa dal “falso zafferano”

Settantenne morto a Virti di Folgaria: la guardia medica ha pensato all’infarto. Ma poi anche sua moglie si è sentita male


di Cristina Genesin


FOLGARIA. Uccisi dal falso zafferano, il fiore noto come colchico d’autunno o colchicum autumnale. Uccisi a pochi giorni l’uno dall’altra. Tutta colpa di un risotto cucinato con quella pianta mortale raccolta sui pendii sopra Virti di Folgaria, poco lontano dalla loro casa di vacanze. Vittima una coppia residente a Cona, nel Veneziano, che si era trasferita sull’altopiano per trascorrere alcuni giorni di vacanza nella casa di loro proprietà: un appartamento in uno dei condomini nella parte alta della frazione tra Carbonare e Lavarone Chiesa. Lui è Giuseppe Agodi, 70 anni, originario di Agna nel Padovano, ed era morto il primo settembre all’apparenza per un infarto, pur in presenza di problemi gastro-intestinali. Lei è Lorenza Frigatti, sua moglie, 69 anni, ed è morta lunedì dopo una agonia durata 16 giorni nel reparto di terapie intensive dell’ospedale di Piove di Sacco.

A svelare l’avvelenamento all’origine dei due decessi, l’autopsia sul corpo del marito ordinata dal pm padovano Roberto D’Angelo. Il magistrato è allertato dai medici dell’ospedale di Piove dove, il 2 settembre, Lorenza Frigatti era stata accompagnata dal figlio in preda a un grave malessere. Anche lei, come il coniuge, era stata colpita da un’inarrestabile diarrea mentre apparivano evidenti i sintomi di un cosiddetto shock multiorgano. I medici vedono subito giusto: c’è il sospetto di un avvelenamento. Ma che cosa potrebbe averlo causato? E come trattare quel quadro clinico visto che l’antidoto a un veleno non va scelto a caso? La direzione sanitaria informa la procura che ordina l’autopsia, bloccando il nullaosta per il funerale già fissato per il pomeriggio del 5 settembre. Quel giorno, invece, è eseguito l’esame autoptico dal professor Massimo Montisci dell’Università di Padova, che individua la presenza di una sostanza letale, la colchicina, nel sangue del pensionato. L’uomo risulta avvelenato. Come è accaduto? Ci sono dei farmaci a base di colchicina impiegati per la cura della gotta e, in rari casi, per il trattamento della pericardite che può verificarsi proprio in soggetti trapiantati o della sindrome post-pericardiotomica. Ma Agodi non ne faceva uso. Ecco l’intuizione di Montisci: sottoporre a esame tossicologico pure i campioni di sangue prelevati alla moglie, affetta da una sintomatologia simile. E il giallo è risolto: a uccidere Agodi e a intossicare la consorte è stato il risotto cucinato con il colchico d'autunno, fiore noto come il falso zafferano per la somiglianza alla pianta che lo produce e con un bulbo simile all’aglio.

La pianta fiorisce tra agosto e settembre e cresce spontanea nei prati delle valli di montagna. La coppia aveva raccolto in abbondanza i fiori con i bulbi, hanno raccontato alcuni vicini della casa trentina ai carabinieri del Nucleo investigativo di Padova: «Stavano rientrando da una passeggiata e avevano una borsetta piena di quei fiori. Avevamo avvertito: attenzione, sono pericolosi”. Il signor Giuseppe aveva risposto: “Non preoccupatevi che cucino i bulbi, sono un esperto”».

L’uomo si era sentito male poco dopo il pasto: ha un fisico delicato perché 6 anni fa aveva subito un trapianto di cuore. In poche ore, la morte. Per la guardia medica è sospetto infarto, visti i precedenti. L’indomani il rientro a Cona della moglie che viene ricoverata: il peggioramento è inesorabile fino al decesso di lunedì. L’avvelenamento da colchicina è mortale: non c’è alcun antidoto specifico, solo trattamenti generici anti-veleno. Prima la diarrea diffusa, poi si verifica uno shock multiorgano con tossicità midollare. Il che significa che l’organismo non è più in grado di reagire alle infezioni. La morte? È solo questione di ore. Il fascicolo è stato trasmesso per competenza alla procura di Trento ma è evidente che non ci sarà alcun seguito penale.

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