Ucciso a coltellate, confessa il suo amico 

Salvatore Mulas, 56 anni, è in carcere per l’omicidio di Andrea Cozzatti La reazione violenta al culmine di un litigio fra i due uomini domenica sera


di Mara Deimichei


TRENTO. Un litigio, l’aggressione e la reazione. Che ha preso la forma di una coltellata alla schiena. Una sola coltellata che ha ucciso Andrea Cozzatti, 44 anni di Vezzano. Una sola coltellata che ha portato in carcere, con l’accusa di omicidio volontario, Salvatore Roberto Mulas, pensionato sardo trapiantato a Trento di 56 anni, amico della vittima. Omicidio subito risolto per la squadra mobile quello di domenica sera in via Maccani 22. Con Mulas che ha immediatamente ammesso di aver colpito l’amico e che ha consegnato agli investigatori il coltello. Che aveva lavato e riposto in un cassetto forse in risposta ad riflesso condizionato. Il quadro generale appare chiaro ma è sulle sfumature (che tanto sfumature non sono) che ora bisognerà lavorare. Per ricostruire ogni singolo momento precedente alle 20.44 di domenica sera quando la richiesta d’aiuto è arrivata alla centrale del 112.

Mulas ha iniziato a raccontare i fatti in un interrogatorio che si è tenuto in questura verso le mezzanotte. Un interrogatorio molto breve, frutto soprattutto della necessità di precisare alcune cose. Poi il sostituto procuratore Marco Gallina ha firmato l’arresto e l’uomo è stato portato in carcere a Spini. Accusa pesantissima quella nei suoi confronti: omicidio volontario.

Ma facciamo un passo indietro per ricostruire quello che è successo, con delle zona d’ombra che, come detto dovranno essere analizzate e verificate. Il punto di partenza è il rapporto fra i due. Sono amici, si conoscono da tempo. Un rapporto cresciuto in una situazione di fragilità che li accomunava entrambi. Un rapporto anche burrascoso come testimoniano alcuni vicini di casa di Mulas, fatto di frequenti litigi, di discussioni molto animate. La casa di via Maccani era in affitto a Mulas ma spesso Cozzatti era lì. A volte anche per dormire anche se il suo appartamento lo aveva a Padergnone. I due si vedono anche domenica pomeriggio. Ad un amico, Cozzatti spiega che in serata sarebbe tornato a casa, nella valle dei Laghi, ma che prima doveva sbrigare delle incombenze in città. E ci sarebbe stato l’incontro con Mulas. Incontro che è sfociato in un litigio dai toni molto accesi. Qui c’è la prima domanda ancora senza risposta. Pare infatti che l’aspro confronto fra i due sia iniziato in strada e che sempre in strada Mulas abbia subito un’aggressione. «Mi ha colpito con una bottiglia alla nuca» avrebbe detto agli investigatori. Il litigio prosegue e la seconda scena è inequivocabilmente all’interno dell’appartamento di via Maccani. Qui e solo qui, nella zona giorno del piccolo bilocale, sono state trovate tracce di sangue: è la scena del crimine. Ed è qui, vicino al divano che occupa gran parte dello spazio, che Cozzatti muore. Una coltellata alla schiena, verso il fianco che è mortale. Sul corpo della vittima c’è una secondo segno di lama, sulla parte posteriore dell’avambraccio. Ferita compatibile con il passaggio della lama verso la schiena. Una ferita, quella mortale, molto profonda in base ai risultati di un primo esame, ma sarà l’autopsia a chiarire meglio cosa è successo in quell’appartamento al piano rialzato. E se ci sia la compatibilità fra la ferita e il coltello che Mulas ha consegnato ai poliziotti. Un «banale» coltello da cucina con una lama da 15 centimetri. Domenica sera ne è stato sequestrato anche un altro, un po’ più piccolo e con la lama seghettata. Analisi saranno fatte anche su questo.

Mulas ha quindi lasciato l’amico ferito in casa ed è sceso per strada, dove ha raggiunto la pizzeria al taglio chiedendo di dare l’allarme. La telefonata che arriva al 112 parla genericamente di un malore, ma quando i sanitari entrano nell’appartamento è chiaro che lì (pochi minuti prima o meno saranno le analisi a dirlo) era successo qualcosa di gravissimo. Di definitivo. Sì perché il medico non riesce a far nulla per far tornare a battere il cuore di Cozzatti che a 44 anni viene dichiarato morto.

Arriva anche la polizia che ascolta le prime parole di Mulas. Che ammette di aver colpito l’amico, ma per difendersi, non con la volontà di ucciderlo. Frase che ripeterà anche qualche ora dopo in questura, con l’avvocato al suo fianco. Non c’è giallo, non ci sono altre persone da cercare. L’omicidio è tutto raccontato all’interno di quelle quattro mura. La causa, il movente, della coltellata che ha poi portato all’omicidio, resta per ora indecifrabile. L’unico che può raccontare cosa si sono detti i due nei minuti precedenti è Mulas e, nella notte fra domenica e lunedì, non lo ha fatto. Ha detto solo che si era sentito minacciato, che aveva paura, che aveva reagito ad un’aggressione. E ha ucciso l’amico.

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