«Se Cappuccetto Rosso aiuta ad imparare a vivere» 

La tesi di laurea. Uenda Bonifacio ha intitolato il suo lavoro “Fiaba e scienze cognitive” «Così la riscrittura del racconto dei fratelli Grimm sovverte lo stereotipo del lupo cattivo»


Martina Bridi


Trento. Spesso le fiabe sono molto più che “semplici racconti”: ad analizzare i risvolti psicologici di una della storie più popolari al mondo, Cappuccetto rosso, è stata Uenda Bonifacio con la tesi di laurea “Fiaba e scienze cognitive”, che il 7 marzo si è laureata in Scienze e tecniche di psicologia cognitiva all’università di Trento.

Uenda, cosa rappresenta l’arte del “narrare” per l’essere umano?

“L’arte del narrare è antica quanto l’uomo, testimone di un bisogno fondamentale di espressione, e con lo sviluppo del linguaggio è stato possibile elaborare e perfezionare le narrazioni. Inoltre sin dalla prima infanzia siamo esposti a narrazioni e a racconti, e in particolare la fiaba si configura come un genere cognitivamente connaturato in grado di corrispondere alle esigenze ed alle strutture della mente umana.”

Che effetto ha il raccontare fiabe ai bambini?

Attraverso le fiabe i bambini imparano a “narrativizzare”, ovvero a collegare le sequenze di azioni, a ricordare il passato e ad immaginare il futuro, acquisiscono inoltre il senso di continuità e discontinuità del tempo, tutto si basa sulla circolarità tra due momenti: il sé crea una storia, e la storia condiziona lo sviluppo del sé e ne crea di nuovi.”

Oltre a delineare il sé a livello individuale, a cos’altro servono le fiabe?

“Le fiabe vengono acquisite ed utilizzate dai bambini come “micro-sceneggiature” utili per agire nel mondo reale. In particolare in Cappuccetto rosso la violazione del divieto e la disobbedienza della piccola protagonista che non segue i consigli della mamma portano alla situazione pericolosa, che successivamente viene risolta tornando all’equilibrio iniziale e il cerchio si chiude con il lieto fine, elemento fondamentale del genere fiabesco in cui emerge la funzione pedagogica.”

Quale valenza ha la riscrittura “In bocca al lupo” di Fabian Negrin?

“È una delle riscritture più apprezzate e conosciute della fiaba originale dei Fratelli Grimm, che da un lato mostra in maniera evidente la volontà dell’autore di sovvertire lo stereotipo del lupo cattivo (in questa versione moderna troviamo Alfredo, il lupo buono e amante del bello), dall’altro lato fa emergere il desiderio di descrivere la società moderna ed attuale attraverso gli elementi che la caratterizzano, anche enfatizzandoli. Per esempio, Cappuccetto rosso non porta cibo e bevande alla nonna, ma le dona uno specchio rappresentante la società nella sua versione più materialista, basata sull’esteriorità e sull’apparenza.”













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