«Rifugi, sulle Dolomiti non facciamo rivoluzioni» 

Il Caso della settimana. Ezio Alimonta, presidente dell’Associazione rifugi del Trentino: «Il nostro territorio non si adatta alle sperimentazioni spinte. Lasciamolo fare ad altri»


Luca Petermaier


Trento. «Le sperimentazioni sui rifugi? Lasciamole fare agli altri. Sulle Dolomiti continuiamo con un approccio architettonico più tradizionale».

Il presidente dell’Associazione rifugi del Trentino Ezio Alimonta di accoglienza alle alte quote se ne intende visto che il suo rifugio (l’Alimonta, appunto, sulle Dolomiti di Brenta) è uno dei più frequentati del Trentino. Ed è stato, a dire il vero, anche uno di quelli che più ha spinto sull’offerta di qualità, non solo con una pesante ristrutturazione della struttura, ma anche proponendo stanze più piccole, bagni più confortevoli e una cucina di qualità.

Il suo ragionamento sul tema della nuova architettura di montagna parte da un concetto legato al territorio che - secondo Alimonta - è imprescindibile: «I rifugi delle Alpi, soprattutto quelli in Piemonte e Val d’Aosta, sorgono a quote molto elevate dove, per arrivare, ci vuole tempo e fatica. Oltre quei rifugi, poi, c’è da camminare parecchio per giungere alla vetta. Parliamo di zone molto impervie, dure e quindi realizzare lassù un rifugio che sia non solo confortevole ma anche architettonicamente “accattivante” è sensato, non ci vedo nulla di male. In questo modo - tra l’altro - si incentivano anche i turisti a intraprendere escursioni a volte lunghe e faticose».

Diverso è discorso sulle nostre montagne, così come aveva sottolineato ieri sul giornale anche l’architetto d’alta quota Luca Gibello: «Sulle Dolomiti - continua Alimonta - i rifugi si situano in posizioni abbastanza facili da raggiungere, ai piedi dei massicci, spesso in zone con prati e alberi. Qui il rispetto delle forme tradizionali coincide anche con il rispetto di un territorio circostante. E poi non dimentichiamo che i nostri rifugi, soprattutto quelli dolomitici, hanno lunghe storie e tradizioni alle spalle».

C’è poi la questione legata all’accoglienza e su questo aspetto la posizione del presidente dell’Associazione rifugi del Trentino si fa meno “tradizionalista” e più - diciamo - al passo con i tempi che cambiano: «È inutile stare lì a negare che oggi i rifugi sono profondamente cambiati» - osserva Alimonta. «Da noi arrivano sempre meno alpinisti che puntano ad arrampicate o traversate mentre sono in costante aumento i semplici escursionisti, ma anche le famiglie: insomma, un pubblico di avventori che ha nel rifugio la meta finale e che si aspetta anche un certo tipo di accoglienza. In quota non dobbiamo cedere al lusso o all’eccessivo comfort che snaturerebbe le nostre strutture, però non possiamo nemmeno pensare di stare al passo con i tempi di questo turismo montano in profondo cambiamento puntando tutto sugli stanzoni, la pasta scotta e un’accoglienza fredda. I tempi sono cambiati e anche noi ci dobbiamo adeguare. Senza esagerare io penso che qualche comfort in più si possa offrire ai nostri escursionisti».













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