Povertà, 3.400 persone alla Caritas Sempre più trentini 

L’arcivescovo Tisi: «E questa è solo la punta dell’Iceberg» Il fenomeno di chi voleva vivere sopra le proprie possibilità


di Andrea Selva


TRENTO. Sono 3.421 le persone che nel corso del 2017 hanno chiesto aiuto alla Caritas per problemi economici, relativi alla casa, alla famiglia, all’immigrazione oppure al lavoro. Un numero in crescita, assieme ai dati provinciali sulla povertà che indicano come sia in continua diminuzione la differenza che c’è fra la povertà in Trentino e il fenomeno nazionale: nel 2007 l’indice di rischio di povertà in provincia di Trento era del 7,5% a fronte di un dato nazionale del 26%; dieci anni dopo la situazione nazionale è peggiorata leggermente (28,7%) mentre in Trentino l’indicatore è raddoppiato (15,8%) raggiungendo gli stessi livelli delle altre regioni del Nord-Est. Sono i dati che emergono dal decimo rapporto sulla povertà presentato ieri pomeriggio dalla Caritas nell’aula magna del Vigilianum in via Endrici.

«Quanto alle persone assistite dalla Caritas - ha detto il vescovo Lauro Tisi - si tratta solo della punta dell’iceberg, perché i poveri hanno una grande dignità e chiedono aiuto solo quando sono allo stremo, ma anche perché ci sono altre realtà (oltre alla Caritas) che in Trentino sono impegnate su questo fronte e che hanno numeri altrettanto importanti al servizio di una massa impressionante di persone». Ma il vescovo ha invitato ad andare oltre il concetto di numeri: «Accogliamo l’appello di Papa Francesco - ha detto - e diamo un volto ai poveri, perché dietro alle statistiche ci sono nomi e cognomi e quando si lavora per dare risposte ai poveri con il loro volto in mente l’intervento è più preciso ed efficace.

Gli italiani che si sono rivolti alla Caritas (oltre 1.200) sono il gruppo più numeroso seguito dai cittadini marocchini (463) e pakistani (253) e rappresentano il 37% del totale. Un bisogno che non ha età, considerato che le persone che bussano ai trenta punti su cui la Caritas può contare sul territorio hanno un’età equamente distribuita fra i 18 e i 65 anni.

I problemi principali sono legati alla perdita del lavoro, ma anche alle crisi familiari e (più banalmente) alla difficoltà di pagare le bollette o le rate arretrate delle spese condominiali, perché quando le cose precipitano (per la perdita dell’impiego, per una malattia ma anche per il vizio del gioco) si può andare in crisi anche di fronte alle piccole cose.

La Caritas risponde con aiuto economico o materiale (c’è un servizio di mobili usati anche per chi deve mettere su casa e non ha soldi per acquistare l’arredamento) ma soprattutto con l’ascolto, con l’obiettivo di aiutare queste persone a camminare con le proprie gambe.

È una povertà diversa dai luoghi comuni che vogliono i poveri affamati e vestiti di stracci (un fenomeno estremo che pure è presente) ma è composta anche da quelli che nel rapporto vengono definiti “quasi poveri”, vittime di una cultura diffusa che induce a vivere al di sopra delle proprie possibilità: una strada che porta all’indebitamento e infine alla rovina. All’incontro di ieri hanno partecipato anche Paolo Molinari (responsabile scientifico del rapporto) con don Cristiano Bettega (delegato dell’area testimonianza della diocesi) e Federica Rubini e Giulio Bertoluzza (curatori del rapporto.













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