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Pfas nell’acqua: i numeri di Appa, il rischio salute e le non risposte

Concentrazione di sostanze tossiche nella falda idrica in Valle del Chiese. Nuova interrogazione di Marini in consiglio provinciale


Andrea Tomasi


VALLE DEL CHIESE. Il problema c'è e va risolto. Le rassicurazioni dell'assessore provinciale Mario Tonina non rassicurano. «In Valle del Chiese c'è una contaminazione da Pfas e la giunta provinciale deve dare delle risposte precise». I Pfas sono sostanze tossiche e quando si parla di salute le risposte della politica devono essere tempestive. La questione dell'inquinamento dell'acqua in Valle del Chiese torna in consiglio provinciale. Il consigliere Cinque Stelle Alex Marini ha presentato una nuova interrogazione in merito alle condizioni del territorio e, nello specifico, delle acque del fiume Chiese e di falda.

Sostanze tossiche

I Pfas sono sostanze perfluoroalchiliche: degli impermeabilizzanti, utilizzati anche nell'industria galvanica. Sono “inquinanti perfetti”: incolori, insapori, inodori, indistruttibili, tossici (causano cancro, uno sviluppo anomalo dell'apparato genitale maschile dei bambini, problemi alla tiroide e al sistema nervoso centrale).

Pozzi spia dopo 4 anni

Lo scorso ottobre sono stati realizzati 5 pozzi piezometrici (2 a Borgo Chiese e 3 a Storo). Sono stati fatti 4 anni dopo la comunicazione ufficiale dal Ministero dell’ambiente. Della famiglia dei Pfas fanno parte i Pfos, molecole pericolose per la salute umana individuate nel Lora - un affluente del Chiese - e finite nella falda acquifera.

Acqua dalla Lombardia

Sempre dalle pagine di questo giornale abbiamo raccontato dei problemi di approvvigionamento idrico del territorio di Storo. Da circa un anno il Comune della Valle del Chiese si rifornisce dal Comune di Bagolino (provincia di Brescia). Un'operazione "in emergenza": il rifornimento avviene in caso di necessità, quando in estate c'è siccità e le sorgenti trentine non bastano. Non solo. L’acqua lombarda serve anche per compensare la carenza a causa della non utilizzabilità della falda contaminata. L'accordo con Bagolino e, per l'esattezza, con il Consorzio Acquedotto Rurale Ponte Caffaro, è stato siglato anche per ragioni di cautela. Acqua dalla Lombardia, attraverso una tubazione che garantisce un massimo di 3 litri al secondo. In totale, finora, sono stati presi 40 mila metri cubi d'acqua che, ironia della sorte, proviene da una sorgente, la Boschi Fontane, che è in territorio trentino ma che i bresciani hanno in concessione dal 1970.

La fonte dell’inquinamento

Probabile epicentro della contaminazione, che potrebbe essere datata, è la zona industriale di Condino. Sulla fonte della contaminazione chiede chiarezza lo stesso Marini perché in alcuni documenti si parla dell'ex stabilimento siderurgico, ma nell'intervista rilasciata a Il nuovo Trentino Mario Tonina parla di una conceria. Nell'ultimo rapporto a disposizione Appa (Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente) dice che «le indagini esperite fino a inizio 2019 non hanno potuto determinare la causa di presenza di Pfos in falda, né sono stati sufficienti per determinare eventuali profili di rischio sanitario e ambientale». Ma quali sono le condizioni dell'acqua che scorre lungo la Valle del Chiese? In attesa di conoscere la risposta dell'assessore e vicepresidente Tonina, siamo in grado di fornire i dati del report Appa 2020 ma, trattandosi di sostanze biologicamente persistenti e molto pericolose, siamo certi che verranno forniti dati più recenti circa le loro concentrazioni e il loro spostamento. Nel testo del rapporto si precisa che «i valori riscontrati sono sempre stati ben al di sotto dei limiti di legge per la qualità delle acque sotterranee».

Danni in Veneto e in Trentino

Materia complessa, quella della contaminazione da Pfas. Lo sanno bene nel vicino Veneto dove, fra le province di Vicenza, Padova e Verona, è stata devastata una falda acquifera grande come il Lago di Garda. In tribunale a Vicenza sono alla sbarra 15 ex manager della società Miteni (Mitsubishi + Eni) di Trissino. La società che i Pfas li produceva (mentre in Valle del Chiese venivano solo utilizzati, ma la dispersione nell'ambiente è accertata) per inquinamento delle acque e disastro innominato. Il caso Veneto è noto nel mondo grazie alla battaglia civile e di informazione condotta dal gruppo delle Mamme No Pfas, che hanno visto ammalarsi i bambini. La questione Pfas è molto delicata. Attualmente non esiste un sistema per liberarsi di questi veleni.

Per questo motivo in Trentino il monitoraggio deve essere puntuale. Si tratta di contaminanti che si possono accumulare anche nel pesce. Se questa è una contaminazione storica, si deve capire se e per quanto tempo la popolazione è stata esposta. In Valle del Chiese sono stati cercati e trovati i Pfos, ma le molecole di Pfas sono 4009 e in Veneto l’Arpav, quando fa le analisi, ne cerca 20.

I numeri segnati in rosso

Guardando le tabelle di Appa si nota che - a fronte di un limite di 0,65 nanogrammi/litro di Pfos, in un campionamento del 12 febbraio 2018 al Ponte dei Tedeschi si sono registrati 4,4 nanogrammi/litro e il 9 aprile dello stesso anno 2,1 nanogrammi. A differenza della contaminazione veneta, dove la fonte è certa e l'inizio della contaminazione databile, nel caso trentino si rimane nell'incertezza. Per quanto tempo e con quale intensità le acque sono state inquinate? Al momento si è solo nel campo delle supposizioni. Il ritardo nella collocazione dei pozzi piezometrici non aiuta a capire.

Lo studio dell’Università

Dal 2020 è stata attivata una collaborazione con il Dicam (Dipartimento ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali) dell'Università di Trento per modellare il comportamento dei Pfos nella falda e avere risposte circa la sorgente di contaminazione, la sua estensione ed evoluzione. Nel 2021 l’Ateneo ha realizzato il primo prototipo del modello idrogeologico. In seguito alle analisi sul terreno (perché queste sostanze sono nell'acqua, nell'aria e nel terreno), l'Università svilupperà anche la parte di analisi sul trasporto. Ultimate entrambe le parti del modello dovrebbero essere fatte delle simulazioni sulla circolazione degli inquinanti. Dall'Appa si fa sapere che nell'ultimo biennio la situazione nella zona di Storo evidenzia un trend stabile di presenze di Pfos nella falda: <Le concentrazioni si mantengono sotto i 30 ng/l (limite per le acque sotterranee) in tutti i punti indagati. Sono stati eseguiti sondaggi per l'analisi dei terreni sia nella sorgente ipotetica di contaminazione, che lungo l'asse vallivo».

 













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