Mosè Ricci, il gip ribadisce l’interdizione 

Inchiesta università: i legali dell’architetto e docente stanno preparando l’appello per il tribunale del riesame



TRENTO. Una lunga memoria difensiva con argomentazioni sia in diritto che su fatti contestati rigettando tutte le accuse che gli vengono contestate dalla procura. Un’argomentazione quella dell'architetto Mosè Ricci e dei suoi difensori (gli avvocati Bruno e Orazietti) che è stata letta dal gip come una richiesta di revoca della misura interdittiva, ma che, sentito il parere del pm, è stata respinta. Quindi resta in vigore il provvedimento del gip che - non accogliendo la richiesta di domiciliari che era stata avanzata dalla procura - aveva disposto l’interdizione, per un anno, dai pubblici uffici presso qualsiasi pubblica amministrazione per l’architetto. Ricci, dunque, è decaduto da tutti i suoi incarichi. Ma non è finita. I suoi legali, infatti, stanno predisponendo l’appello al tribunale del riesame per chiede che la misura venga revocata. Ricci, dal canto suo, continua a dirsi sereno e rigetta con forza le accuse che gli vengono contestate dalla procura di Trento nell’ambito di un’inchiesta che ha travolto l’università trentina. E non solo. Mosè Ricci, architetto di fama, è infatti il coordinatore scientifico (per conto dell’Università) del gruppo di lavoro dedicato alla variante al piano regolatore generale di Trento e docente presso il Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica dell’università di Trento. Il punto di partenza dell’inchiesta è il concorso del 2016 per quattro posti di ricerca alla facoltà di ingegneria di Trento. Un concorso che per la procura - che ha coordinato le lunghe indagini della Guardia di Finanza - era confezionato su misura per degli assistenti dello stesso Ricci. Nei confronti del professionista ci sono le accuse di abuso d’ufficio, peculato e falso. In particolare, oltre che sul concorso, la lente della procura si è portata anche sull’uso degli strumenti della facoltà. Viene infatti contestato che i laboratori, i computer e le stampanti dell’università venissero utilizzati per le attività private dei docenti. Un quadro complesso (17 gli indagati) sul quale ora sarà chiamato anche ad esprimersi anche il tribunale del riesame.













Scuola & Ricerca

In primo piano