Bufera sui mercati: parla Andrea Mazzalai, il blogger trentino seguito anche in Kazakistan

«Ma l'Italia non può fallire»

L'assalto degli speculatori e i nostri errori: «L'errore è il panico»



(segue dalla prima pagina) di Paolo Mantovan Nessuno può volere il fallimento dell'Italia - dice Mazzalai - perché sarebbe il fallimento del mondo intero. Non abbiate paura». Sono parole "papali", certo, però Andrea Mazzalai, classe 1965, uno dei pochi blogger trentini di successo, autore di un libro («IcebergFinanza», ed. "il Margine") che è un piccolo caso editoriale, non ama il turbo-capitalismo e osa criticare la finanza creativa, al punto da citare una frase di Paul Volcker, ex governatore della Federal Reserve: «L'unica invenzione degna della finanza creativa in questi ultimi trent'anni è stata il bancomat».  Mazzalai non nasconde il fatto che ciò che sta accadendo sui mercati è grave «e avrà delle conseguenze», ma le parole "tranquillizzanti" sono rivolte ai navigatori del blog, ai cittadini che cercano di capire cosa sta accadendo e che vengono assaliti dal panico. «È proprio ciò che vogliono gli speculatori: il panico, perché così ci si disfa dei titoli quando sono al tappeto».  Mazzalai, perché sostiene che il sistema finanziario italiano non collasserà?  «Perchè ha molti punti di forza. Il primo, e lo dice Bloomberg, è che l'Italia è la nazione con la più alta percentuale di assicurazioni sul fallimento del Paese: ciò significa che se l'Italia fallisce, va a rotoli anche l'intero sistema finanziario. Nessuno può volerlo. Poi l'Italia è anche il Paese con la più alta percentuale di risparmio privato al mondo (compresi i paesi emergenti), ed è, ancora, tra i paesi occidentali quello con la più bassa percentuale di debito delle famiglie. E poi quasi il 60% del debito non è detenuto all'estero ma in casa nostra».  Però nel suo ultimo post di lunedì lei dice che "sono la finanza speculativa e la politica le principali responsabili di questa crisi". Quindi la crisi c'è.  «Sì, ma ci sono anche tante contraddizioni. E nascono quasi tutte dal mondo finanziario. Questa sterzata a sfavore dell'Italia contiene elementi assurdi».  Ad esempio?  «Il fatto che all'improvviso tra i fattori che determinano la solvibilità di un Paese è stato introdotto quello della instabilità politica. Ma scusi, chi ci dice se c'è l'instabilità politica e in base a quali elementi e con che grado?»  Beh, la crisi di governo non c'è ma sembra sempre dietro l'angolo.  «Sembra, appunto. Facciamo il caos sui mercati perché "sembra"? Guardi, provo a spiegarmi meglio: negli ultimi sei mesi che cosa è cambiato in Italia dal punto di vista economico e finanziario?»  Nulla.  «Bravo. E dal punto di vista politico?»  Che facciamo, ribaltiamo le parti? Lei domanda e io rispondo?  «No, no: rispondo io. Anche dal punto di vista politico non è cambiato nulla. Certo, c'è stato il voto alle amministrative negativo per il governo e anche quello sul referendum. Però il governo resta in sella e la maggioranza resiste. E abbiamo messo sotto controllo il debito pubblico».  Ok. Il fatto dell'instabilità politica secondo lei è un po' campato per aria. Ma non solo in concreto, anche in teoria, o sbaglio?  «Esatto. Guardi, un mese fa l'agenzia di rating Standard & Poor's metteva il sistema italiano sotto accusa. Moody's diceva no, non c'è rischio. Poi, una settimana dopo, con l'inserimento del fattore dell'instabilità politica hanno cambiato idea. Eppure un anno prima Moody's diceva che la precarietà della situazione politica in Italia è un dato costante da 10 anni. E poi, scusi, ma queste sono solo o-pi-nio-ni!»  Siamo in balia di agenzie d'opinione?  «Mah, forse così è un po' troppo forte, però in America gli agenti di rating sono stati portati sul banco degli imputati della crisi e loro si sono difesi dicendo che le loro sono "opinioni" e non vincolano nessuno...»  Ma alla fine influenzano i mercati.  «Appunto. Anche perché c'è conflitto di interessi: ci sono infatti grandi fondi americani che sono azionisti rilevanti delle agenzie di rating. E comunque, tornando all'Italia, la tenuta dei conti non è al momento in discussione. Ci sono altri paesi che stanno molto peggio».  Però le batoste di questi giorni ci stanno mettendo alle corde.  «Il record negativo dei titoli di Stato avrà chiaramente delle conseguenze, non so se basterà approvare in fretta la manovra. Eppure l'unico problema economico-finanziario che abbiamo è che cresciamo poco. E l'altro problema - quello sì grave e strutturale (non momentaneo) - è che siamo il paese con la più alta evasione al mondo...  Lei lavora alla Cassa Rurale di Trento. Com'è che è diventato blogger?  «È successo tutto un po' così. Una mattina mi alzo, scopro un blog su internet, condivido con altri dei pensieri, e comincio a fare un blog. Poi la molla è stata la passione per la finanza alternativa, quella di "responsabilità"».  Poi è arrivato il libro. Ha venduto qualche migliaio di copie, soprattutto le ha vendute in tutto il mondo...  «Sì è una grande soddisfazione. Pensi che sono state ordinate 15 copie del libro presso la piattaforma Agip in Kazakistan».  I suoi toni sono sempre un po' severi. Come li concilia col suo lavoro?  «Forse se lavorassi in una grande banca nazionale non avrei potuto dire certe cose con sufficiente libertà e invece qui c'è clima di condivisione: posso essere più diretto».  Il Festival dell'Economia serve?  Certo che serve. Porta ad ascoltare e a dialogare. Forse gli economisti potrebbero fare qualche sforzo in più per rendersi più semplici. Perché tutti devono capire di più: perché ciascuno con i propri comportamenti si trova di fronte all'economia, locale e globale. E occorre un salto culturale. A partire dai giovani».













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