il caso

«Libertà di caccia fuori provincia»

La Lega all’attacco di Dallapiccola: «Reciprocità con le altre regioni»



TRENTO. I cacciatori trentini che svolgono la propria attività venatoria fuori dai confini provinciali sono stati multati per un totale di 3 milioni e mezzo; sanzioni che singolarmente prevedono 400 euro di multa ed un anno di sospensione del permesso di caccia, poi tutte annullate in sede di giudizio in considerazione della buona fede. Succede infatti che al cacciatore che ne fa domanda, vengano concessi tutti i permessi e autorizzazioni necessari che però una volta verificati dai guardia caccia, portano lo stesso alla contravvenzione perché manca un trattato di reciprocità che permetta cioè anche ai cacciatori di altre regioni di venire a cacciare in Trentino. Le multe vengono annullate, ma restano a carico dei contravvenzionati le spese legali. Una realtà che è stata oggetto di un'interrogazione in consiglio provinciale della Lega Nord che poneva i seguenti interrogativi: per quali motivi la Provincia di Trento non ha ancora recepito quanto contenuto nei decreti legislativi e non permette ai cacciatori trentini l'esercizio della caccia anche fuori Provincia? Si chiede inoltre se la Provincia intenda intervenire nell'esercizio venatorio 2017 - '18 per risolvere le annose questioni che molti problemi hanno creato ai cacciatori trentini. E ancora: «Per quali motivi non sono state modificate le specie cacciabili? Nell' individuazioni di modalità e procedure nell'esercizio dell'attività venatoria nei parchi naturali, la Provincia coinvolgerà la Commissione permanente competente?». La risposta dell'assessore Michele Dallapiccola è stata giudicata ambigua, tanto che la Lega ha convocato ieri una conferenza stampa per denunciare come «Dallapiccola impedisca ai cacciatori trentini di esercitare l'attività venatoria fuori Provincia». «Di fatto ha risposto senza rispondere - ha rimarcato Maurizio Fugatti - perché laddove afferma che “nel territorio provinciale non è necessario l'esercizio dell'opzione per una delle forme di caccia previste dalla normativa nazionale”, si evidenzia come il decreto legislativo trovi un'immediata e diretta applicazione, senza che vi sia bisogno di un'apposita norma provinciale di recepimento». Ma andando a contattare direttamente gli uffici competenti, sono loro stessi a contraddire l'assessore confermando come i nostri cacciatori non possono andare fuori provincia». Ad ingarbugliare ancora di più la situazione è che in Trentino non si deve scegliere tra caccia vagante o di appostamento, al contrario di quanto succede nelle altre realtà. Roberto Pacher segretario circoscrizionale della Valsugana, Fiemme e Fassa: «Anche la Commissione dei 12 aveva indicato la necessità di equiparare i diritti dei cacciatori con un trattato di reciprocità, indicazione che Dallapiccola non vuole recepire». Il motivo? «Possiamo solo ipotizzare che ci sia un condizionamento da parte del mondo ambientalista e contadino, perché spiegazioni logiche non ce ne sono. Allo stato attuale sono 2000 i cacciatori trentini che vanno fuori provincia e 500 quelli che hanno rinunciato alla licenza in provincia dove costa dai 500 agli 800 euro, contro il massimo di 100 euro delle altre province». (d.p.)













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