«Le ho detto: negretta, rispetta le nostre regole»
La 52enne accusata dell’aggressione razzista a Josephine Tomasi si difende: «Se in Africa mi dicessero “bianca torna in Italia” io non mi offenderei»
TRENTO. «Le ho detto: “negretta se non ti stanno bene le regole condominiali puoi tornare in Congo”, ma a ruoli invertiti se avessero detto a me “ bianca puoi tornartene in Italia” se fossi stata in Africa, non l’avrei considerata un’offesa razzista». A parlare è la barista di 52 anni accusata da Josephine Tomasi di insulti razzisti. Accusa che la donna rifiuta: «Abbiamo avuto una discussione, lei mi ha chiesto se ho visto le condizioni di mio figlio e che conosce il mio ex marito ed io ho reagito. Per fortuna che mio figlio è normalissimo, ma se non lo fosse stato l’avrei potuta accusare di razzismo?». Cerchiamo di contestualizzare l’accaduto. Tutto si è svolto in un condominio di Covelo dove l’ultima ad arrivare è stata Josephine Tomasi. «Quando è arrivata occupando la mansarda al terzo piano - spiega la 52enne - avevamo già approvato il regolamento condominiale che vieta l’uso dell’ascensore dopo le 23: è nuovo, ma è a pompa ed è molto rumoroso. A dicembre la signora rientra alle 2 di notte ed inizia ad andare su è giù con l’ascensore, trascinando valige e con i nipotini che facevano la loro bella confusione. Allora - prosegue il racconto - facevo i Mercatini di Natale in val di Sole e mi dovevo alzare presto per andare al lavoro. Sono uscita sul pianerottolo in pigiama e ciabatte per chiedere di fare silenzio. Mi hanno aggredito verbalmente, il cognato mi ha ripreso col telefonino ed è stata in quell’occasione che hanno parlato di mio figlio e del mio ex». Lo scontro verbale sembrerebbe essere un episodio isolato, ma la lite si riaccendo la settimana scorsa. - Ero in garage - dice la barista - sistemavo alcune cose e si alza la basculante, era lei che tornava a casa. L’ho affrontata per chiederle spiegazioni su quelle frasi abbozzate e abbiamo iniziato a litigare. Ha cominciato a roteare le braccia col cellulare in mano ed ho avuto paura che mi volesse colpire. Sono riuscita a strapparglielo e l’ho rincorsa su per le scale». A questo punto la scena si sposta sul pianerottolo del terzo piano: «È entrata in casa lasciando la porta aperta per uscire col manico di una scopa in mano e mi ha aggredita sotto gli occhi di un’altra residente che nel frattempo era uscita di casa. Ci siamo picchiate ed entrambe siamo finite al pronto soccorso». E poi ha depositato querela nei confronti della signora Tomasi: «voglio fare chiarezza perché non ci sto a passare da razzista. È stata una lite condominiale che è degenerata e nulla più. Abbiamo delle regole che vanno rispettate come fanno tutti, se a qualcuno non vanno bene basta cambiare casa». Disponibile a chiudere la vicenda? «Sì, ma tutto non sarebbe nemmeno iniziato se Josphine si fosse scusata per il rumore fatto, almeno quando ci siamo riviste. Invece vuole avere ragione lei». (d.p.)