La memoria civile che ogni giorno svanisce

Il convegno su Almirante in Regione, Freda ospite in Campidoglio. E la cognata Valerio star trash in tv


di Paolo Morando


di Paolo Morando

C’era già caduto il Consiglio regionale nel 2014, quando concesse l’utilizzo della propria sala di rappresentanza per una serata dedicata al libro “Giorgio Almirante e il Trentino Alto Adige”. Peccato che la data fosse quella del 12 dicembre, e che negli uffici dell’allora presidente Chiara Avanzo nessuno avesse ricordato la ricorrenza della strage di Piazza Fontana. La sinistra nelle sue tante declinazioni protestò, ma lo fece soprattutto l’Associazione dei familiari delle vittime. E alla fine, tra le doglianze della destra (a partire dal consigliere regionale altoatesino Alessandro Urzì, promotore del convegno, di cui nel frattempo aveva proposto lo spostamento in sala rosa), giusto alla vigilia di quel 12 dicembre due lettere della stessa Avanzo e di Ugo Rossi, presidente della Regione e in quanto tale “titolare” dello spazio richiesto in extremis, negarono entrambe le sale, con la medesima laconica motivazione: «Le forze dell’ordine evidenziano possibili rischi per la sicurezza della persone».

La serata si svolse poi tre mesi più tardi, e in una piazza Dante presidiata dalle forze dell’ordine sfilarono gli anarchici, limitandosi però a qualche lancio di vernice, ovviamente rossa, per ricordare «il sangue dei partigiani uccisi da Almirante». Il cui nome mai entrò nelle tante inchieste sulla strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Ma da quella su Peteano riuscì invece a tirarsi fuori solo grazie all’immunità parlamentare e a una provvidenziale amnistia: difficile giustificare davanti ai magistrati, che lo avevano rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato, l’aiuto che diede all’allora dirigente friulano del Msi Carlo Cicuttini, responsabile con il reo confesso Vincenzo Vinciguerra di quella bomba, facendogli arrivare in Spagna (dove si era rifugiato) 35 mila dollari affinché potesse pagarsi un’operazione alle corde vocali. Perché proprio di Cicuttini era la telefonata, registrata, che attirò i carabinieri verso quella Fiat 500 bianca zeppa di esplosivo.

Ora il Comune. E lo svarione è ancora maggiore. Se la sua sala più prestigiosa, la Falconetto, viene concessa senza imbarazzi a un’abbinata dal profilo politico inequivocabile, le Edizioni di Ar di Franco Freda (in catalogo l’autore Adolf Hitler) e i neofascisti di Ordine Futuro, non siamo messi bene in quanto a memoria civile. Anche qui, c’era caduta in passato un’altra amministrazione comunale, addirittura quella di Roma: era fine aprile 2012 e il Campidoglio avrebbe dovuto aprire le proprie porte alla presentazione di un libro su Nietzsche, pure pubblicato dalle Edizioni di Ar. E lo stesso Freda figurava tra i partecipanti. Polemiche furiose e annullamento in extremis: con la giustificazione che gli uffici municipali non erano al corrente della “natura”, diciamo così, della casa editrice. Anche se il sospetto del dolo è forte, visto che sindaco allora era Gianni Alemanno. Su Freda, si spera una volta per tutte, visto che la memoria va rispolverata e coltivata: sappiano a Palazzo Geremia che “l’Editore”, come ama firmarsi con la maiuscola, è un ex terrorista di estrema destra con alle spalle condanne in via definitiva a 15 anni di carcere per numerosi attentati e altri 3 per istigazione all’odio razziale. E l’ultimo pronunciamento della Corte di Cassazione relativo a Piazza Fontana (giugno 2005) lo indica quale responsabile della strage, assieme al camerata di sempre Giovanni Ventura: entrambi però non più perseguibili dalla giustizia perché assolti con sentenza ormai passata in giudicato.

La presenza di Freda, oggi tranquillo 76enne ad Avellino, a Trento non era prevista. Quella di sua cognata invece sì: tale è infatti Silvia Valerio, sorella della giovane moglie di Freda, Anna K. Valerio, che gli ha anche dato due figli. Entrambe scrittrici, cofirmano il recente “Non ci sono innocenti” (Edizioni di Ar, ovvio), così presentato: «È la storia vera di Freda, di Ventura e dei membri dei loro gruppi tra il ’67 e il ’69». E proprio alla memoria di Ventura il romanzo è dedicato. Curioso personaggio, quello di Silvia Valerio: autrice anche di “C’era una volta un presidente. Ius primae noctis”, con lei bionda e nuda di spalle in copertina, i telespettatori più incalliti la ricordano per la gazzarra scatenata a un programma di Piero Chiambretti nel 2010, quando offrì la propria verginità all’allora presidente iraniano Ahmadinejad. Davvero un peccato non poterla vedere in sala Falconetto.













Scuola & Ricerca

In primo piano