LA STORIA

La maratona in Corea dei ragazzi adottati 

La trasferta organizzata da Naam Kim Soon D’Amato, arrivata in Trentino da bimba con l’obiettivo di raccogliere denaro per un’associazione che aiuta ragazze madri


di Sandra Mattei


TRENTO. Arrivata in Italia 43 anni fa, adottata da una famiglia trentina, Naam Kim Soon D’Amato qui si è costruita una vita serena, ha un marito, due figli, un lavoro ed una passione, quella della corsa. «Ma gli adottati - spiega Kim - non si sentono mai completamente appartenenti ad una nazionalità, mi sento straniera due volte perché seppur italiana, non ho certo l’aspetto di un’occidentale, ma non so nemmeno una parola di coreano. E questa è una condizione comune di tutti i figli adottivi: siamo in perenne conflitto interiore, perché dobbiamo convivere con questa doppia realtà. Per questo sento il bisogno di confrontarmi con altri nella mia stessa condizione, ed ora ho deciso di fare qualcosa insieme».

Kim, che vive in Val di Cembra e si è sposata con quel vulcanico marito Maurizio “Mene”, l’operatore dell’Anffas autore dei pesciolini gialli che diffondo un messaggio di inclusione e solidarietà verso i diversi, è riuscita ad organizzare in pochi mesi un evento che ha coinvolto tante persone. Parteciperà infatti alla Maratona di Seul, che si terrà il 18 marzo ed ha coinvolto una quindicina di coreani adottati, che provengono dall’Italia, dalla Norvegia, dall’Irlanda e dagli Stati Uniti. Lo scopo è duplice: da una parte c’è la sfida di affrontare la gara dei 42 chilometri per mettersi alla prova ed abbracciare i valori dello sport che significano impegno e fratellanza. Dall’altra c’è anche l’obiettivo di aiutare una realtà come quella delle ragazze madri in Corea.

«Tornare in Corea per noi adottati non è facile - spiega Kim - per questo ho scelto di farlo attraverso la sfida dello sport, che unisce i popoli. Sono contenta però di fare qualcosa per la Corea. Appoggiandomi all’associazione Kumfa, che sostiene le ragazze madri, sosterremo il loro impegno nell’aiutarle ed ospitarle, perché in Corea la condizione di ragazze madri è vista ancora con ostilità e questo comporta per molte dare in adozione i bambini. Per quanto arrivare in Italia sia stata una chance, sono convinta che la condizione migliore per un bambino sia vivere con la madre naturale».

Per partecipare alla Maratona e dare un aiuto all’associazione, Kim ha deciso di avviare una raccolta fondi, sostenuta dal marito Maurizio. «Abbiamo fatto il porta a porta - racconta - per contribuire almeno alle spese del viaggio ed abbiamo trovato tanta disponibilità, anche da privati: ci hanno appoggiati anche personaggi dello sport trentino, come Moser, Forray, De Benedetti e Bertone. Abbiamo inoltre ricevuto il sostegno della Provincia, del Comune di Giovo dove abito, del Centro aiuto all’infanzia e della Uisp. In totale abbiamo raccolto 2.000 euro. Giovedì sera, per ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato, ci siamo alle cantine Pojer e Sandri, dove abbiamo festeggiato questo primo traguardo raggiunto».

Il prossimo sarà quello di partecipare alla Maratona, ma per Kim, che ha iniziato a correre in coincidenza con l’aver smesso di fumare, la sua personale vittoria per questo progetto solidale l’ha già avuta.

 













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