«Io consigliere? Sarebbe una vittoria per i trentini» 

Cattani, candidato per “Futura 2018” (centrosinistra): «Il seggio a un disabile non autosufficiente dimostrerebbe il grado di civilizzazione di questa terra»


di Paolo Mantovan


TRENTO. Piergiorgio Cattani doveva candidarsi quindici anni fa. Aveva dato la sua disponibilità a “Costruire Comunità”, il movimento di Vincenzo Passerini e dell’indimenticato Walter Micheli, per essere inserito nella lista dei Ds assieme a Luigi Casanova. Allora ci fu Lorenzo Dellai che disse no. No a Casanova. Ma in sostanza era un no a tutto il movimento. I Ds si piegarono.

Quindici anni dopo (nel frattempo è divenuto un editorialista del nostro giornale) Piergiorgio Cattani si candida davvero. Si presenta con «Futura 2018», la lista di Paolo Ghezzi nel centrosinistra di Giorgio Tonini.

Allora, Cattani, questa volta è in lista...

Non volevo che la storia si ripetesse e così mi sono buttato. Ho persino ripreso gli slogan che avevo preparato 15 anni fa.

Quindi è cambiato poco.

Qualcosa è migliorato, qualcosa è peggiorato.

Se verrà eletto ci sarà una piccola rivoluzione. Nell’aula del consiglio tanto per cominciare. Ha già pensato a quello che vorrebbe/dovrebbe fare?

Eh, potrebbe essere davvero una grande sfida. Forse in aula non serve una rivoluzione, ma certo non tutto è a norma.

Gli ascensori?

Stretti, ma con la carrozzina ci passo. Ma più che per l’aula il problema può porsi per le commissioni consiliari. E poi si potrebbe spingere di più sulle tecnologie: con teleconferenze alle quali potrei partecipare anche da lontano. Sarebbe una sfida di modernizzazione. Può avere un grande impatto sugli strumenti della democrazia, per renderla compiuta. Vera modernità rispetto al fideismo dei Cinquestelle.

E per scrivere?

Come faccio di solito.

Con l’aiuto di un assistente?

Certo. Comunico sempre così con WhatsApp o con gli sms: io detto e lui scrive.

E il voto segreto?

L’assistente mi seguirebbe in cabina.

Si fida al cento per cento?

Sì, anzi, al mille per mille. Ma per rassicurare tutti, prima di entrare in cabina, direi che se mi accorgo che vota diversamente dalla mia volontà caccio un urlo davanti all’urna.

Gli assistenti quanti sono?

Tre. Anzi, qui c’è un altro punto importante: se dovessi essere eletto mi dovrò presentare con i miei tre assistenti, tutti stranieri.

Tutti stranieri?

Sì. Perché col tempo ho potuto capire che c’è grande differenza. Grazie alla mia lunga esperienza devo dire che mi sono trovato meglio con gli stranieri. Gli italiani, formati e professionisti, vengono qui e pensano di insegnarmi che cosa devo fare. Non è un lavoro facile assistere gli anziani e i disabili. Bisogna avere abnegazione. Certe culture che partono da valori più, diciamo così, “tradizionali”, hanno più rispetto per gli anziani, hanno più pazienza. E io posso dire con certezza che conta di più la predisposizione naturale che la formazione.

Come nel film “Quasi amici”?

Sì.

Hai assistenti profughi?

Uno è arrivato in Italia tre anni fa con un barcone: è un richiedente asilo che ho assunto.

E la sfida maggiore di questa candidatura?

Dimostrare che il Trentino è una terra dove tutto è possibile: che persino un disabile come me, privo di autonomia, può arrivare in consiglio provinciale e fare il legislatore.

Una sfida per lei...

No, una sfida per tutti

In che senso?

Vede, se uno come me ha un po’ di successo, significa che non è solo merito della famiglia, della volontà o delle tecnologie, ma che c’è un contesto sociale che mi permette di arrivare lì. Una conquista di questo tipo dimostra il grado di civilizzazione e di qualità del servizio sanitario, dell’assistenza, delle politiche sociali del Trentino.

A servizio di tutti vincendo una scommessa con la sua disabilità?

Non mi piacciono i politici che dicono: “io ho fatto politica solo per spirito di servizio, per la comunità”. Per me la sfida è un esempio per tanti altri.

Quindi non vuole essere il rappresentante dei disabili.

Assolutamente no! Vorrei l’inclusione vera. La vera condizione dei disabili è lo specchio dell’intera società trentina. Io non sono il disabile che fa il giornalista o un giorno il consigliere, ma un giornalista che non nasconde evidenti problemi.















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