In Trentino scoperto un nuovo minerale 

È la «fiemmeite», individuata proprio in val di Fiemme dagli esperti del Muse. Era da 200 anni che non succedeva



TRENTO. Una specie mineralogica finora sconosciuta alla scienza che prende il nome dalla località dove è stata rinvenuta, la Val di Fiemme in Trentino: è la fiemmeite, un nuovo tesoro scientifico scoperto dai ricercatori del Muse. Il riconoscimento è di straordinaria rilevanza se si pensa che è da due secoli che - sulle Dolomiti - non avveniva la scoperta di una nuova specie di minerale.

“Fino a oggi, i minerali noti alla scienza sono poco più di 5.000 – spiega Paolo Ferretti del Muse - non molti se paragonati alle specie viventi, che sembrano essere alcuni milioni. Trovare una specie mineralogica nuova è un evento molto più raro, dunque, rispetto a scoprire un nuovo essere vivente. Ad aggiungere eccezionalità a questo ritrovamento, infatti, è il fatto che la fiemmeite proviene da un territorio, come quello dolomitico, in assoluto tra i più studiati al mondo. È dal 1815 che sulle Dolomiti non veniva riconosciuto un nuovo minerale”.

Caratterizzata all’occhio da minutissime lamelle di colore azzurro la fiemmeite, è un minerale organico appartenente al gruppo degli ossalati, in questo caso un ossalato di rame idratoche cristallizza nel sistema monoclino. È molto rara e i pochi campioni non sacrificati per le analisi necessarie a determinare la nuova specie sono depositati presso le collezioni del Muse e del Dipartimento di Chimica dell’Unimi. La fiemmeite si trova all’interno dei tronchi carbonificati che abbondano nella parte basale dell’Arenaria di Val Gardena, una formazione sedimentaria che si è originata in un ambiente fluviale circa 260 milioni di anni fa, nel Permiano superiore. Un intervallo stratigrafico, quello tra Permiano e Triassico, già nel mirino dei geologi del MUSE e dell’Università di Innsbruck, oggetto di un progetto di ricerca che ha portato a risultati di rilievo internazionale nel campo della paleontologia.

Il sito del ritrovamento è la miniera di San Lugano nel comune di Carano. Utilizzato fino agli anni a cavallo tra le due guerre mondiali, allo stato attuale come unica evidenza del sito minerario rimane un pozzo franato e interamente occluso dai detriti. Pochi metri più in basso si trova invece l’ingresso franato della miniera. L’accesso era possibile fino a circa 30-40 anni fa e si sviluppava per pochi metri con una galleria ad andamento orizzontale intercettata da un pozzo che metteva in comunicazione questo livello con la superficie (probabilmente un fornello ricavato per l’areazione). Vi si estraevano minerali di rame (calcocite, tennantite, covellite) che sono concentrati all’interno dei legni carbonificati, qui particolarmente abbondanti. Lo studio di questa località è solamente la tappa iniziale di uno studio che si confida possa fornire preziose informazioni sugli ambienti del passato.

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