Il Pd boccia Rossi ma Roma lo stoppa 

Finisce 25 a 22 contro la conferma del governatore: il segretario Muzio lascia La segreteria nazionale: «Avanti con Rossi». Manica: «Ingerenza inaccettabile»



TRENTO. Il voto dell’assemblea nella notte di giovedì, dopo oltre tre ore di tesa discussione, certifica la spaccatura del Pd trentino, un esito rinviato per settimane: finisce 25 a 22, un voto che seppellisce il Rossi-bis su cui il segretario Giuliano Muzio aveva posto una questione di fiducia, nel nome della tenuta della coalizione, ma un finale che non indica per ora l’alternativa. Una candidatura del giornalista Paolo Ghezzi invocato da una parte della base? O piuttosto una convergenza sull’ex assessore Carlo Daldoss, fresco di dimissioni dalla giunta per guidare il nuovo polo civico, come suggeriscono ora alcuni dirigenti, da Roberto Pinter (grande regista insieme all’ex governatore Lorenzo Dellai) all’assessora Sara Ferrari? O ancora, come preferirebbero Olivi e Zeni, un nome Pd per salvare la dignità dei Dem?

La strada è tutto fuorché chiara. Per ora il segretario, preso atto della bruciante sconfitta, ieri ha rimesso il proprio mandato all’assemblea. Ma sempre ieri, dopo una giornata di psicodramma nel Pd e nella coalizione di centrosinistra ormai ufficialmente disgregata, arriva una nota a sorpresa del Pd nazionale, firmata dal responsabile enti locali Matteo Ricci, che suona come un commissariamento del partito locale: «Abbiamo appreso con preoccupazione della divisione che si è creta nell’assemblea del Pd di Trento di ieri sera. Chiediamo al segretario Muzio di congelare le dimissioni e al presidente (Donata Borgonovo Re, ndr) di convocare la prossima assemblea alla presenza di un esponente della segreteria nazionale del Pd». «Riteniamo molto grave mettere in discussione l’alleanza che ha ben governato la Provincia di Trento e riteniamo fondamentale l’unità della coalizione con gli autonomisti del presidente Rossi. Quindi calma e non si faccia precipitare la situazione. La segreteria nazionale lavorerà per riprendere il percorso unitario con Rossi, gli autonomisti e il resto della coalizione». Percorso unitario che già in serata suona poco più di un’enunciazione, quando il Patt sancisce la propria nuova linea di «mani libere».

E non si fa attendere la replica del capogruppo Dem Alessio Manica, tra i sostenitori del no a Rossi: «Questa ingerenza del nazionale è inaccettabile e irrispettosa dell’autonomia del Pd del Trentino. Se qualcuno da quassù ha perorato questo intervento se ne vergogni. Anche per stare lontani da questo modo di intendere la politica ho sempre sostenuto la necessità di un Pd Trentino confederato e autonomo. Confido che il nazionale, evidentemente mal consigliato, rispetti l’autonomia di questo territorio se ha a cuore veramente la presenza democratica in questa terra». Il giornalista Paolo Ghezzi ironizza su Facebook: «E continuavano a chiamarla Autonomia».

Il Pd fa i conti ancora una volta, a ridosso delle elezioni, con una frattura profonda. «Fotografare la spaccatura di un partito non è mai piacevole. Mi sono sforzato di cercare delle linee di mediazione che evidentemente non sono state trovate. La linea politica che ha vinto si dovrà fare carico di trovare una soluzione», ha detto ieri Muzio.

«Il voto era sulla linea politica, non sul segretario», rintuzza Manica. «Dopo 5 mesi dovevamo dire se confermare o no il presidente uscente e il Pd lo ha detto. Ora si apre un’altra fase». Daldoss o Ghezzi? «È una domanda sbagliata, non era quella a cui dovevamo rispondere», prende tempo Manica, «dobbiamo capire cosa faranno Upt e Patt». «Ghezzi è una grande opportunità, ma dobbiamo invitare i civici al tavolo e chiarire il loro quadro di valori. Se portassero Borga, per esempio, lo riterrei incompatibile». Quanto al Patt, «non siamo noi a rompere, dica se considera questa la coalizione di Rossi o Rossi il presidente di questa legislatura».

Completamente diversa la lettura del vicepresidente Alessandro Olivi, che in assemblea ha parlato di «un’Opa sul Pd, un disegno che vuole indebolirci, l’idea di una vecchia politica che a un partito riformista che conta preferisce i trattini Civici-Upt-sinistra: «Il Pd è stato inebriato dalla volontà e dalla fretta di archiviare un pezzo di storia e non ha costruito un ponte per valorizzare se stesso. Per creare un’alleanza alternativa alla destra c’è bisogno di una proposta netta, la destra non si sconfigge avvicinandosi a destra, in un compromesso di valori», dice riferendosi al nuovo polo civico di Daldoss. «Ghezzi è una proposta di cambiamento più chiara, anche se un conto è raccontare e un altro è governare. Io penso che una proposta del Pd servirebbe». E Luca Zeni, un altro dei sostenitori del governatore: «Io ho sostenuto una linea governativa convinto che senza il Patt abbiamo perso in partenza. L’alleanza tra Civici e sinistra non basta. Ora, bocciato Rossi, si trovi una linea il più unitaria possibile ma che faccia ritrovare il protagonismo del Pd». Parole che suonano come un no a Daldoss candidato presidente.

(ch.be.)













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