Il Mausoleo di Battisti, una casa per i rifugiati 

La storia. Bisrat, Yaya, Mamadou ed Ebrima vivono sul Doss Trento e ogni giorno aprono il monumento e se ne prendono cura. Con un “prof” d’eccezione, Marco Battisti, nipote di Cesare


Paolo Piffer


Trento. Non hanno granché voglia di essere fotografati. E c’è da capirli. Per quanto tutti e quattro abbiano in tasca un permesso di protezione internazionale rimane in loro una certa diffidenza, quasi una difesa. Legittima.

I volti raccontano. Scappano da storie e vissuti che preferiscono non dire. Ai quali manco accennano. Immaginiamo pesanti. D’altronde, se si scappa da casa, dall’Africa, per venire in Europa non è certo per piacere, o in “gita”, come qualche illustre “benpensante” ha recitato in favore di telecamere.

I residenti del Doss Trento

Giovedì 20 giugno è la Giornata mondiale del rifugiato che l’Onu ha promosso fin dal 2001 per ricordare l’approvazione, nel 1951, da parte della sua Assemblea generale, della Convenzione sullo status di rifugiato, cioè di chi se ne va dal proprio Paese perché teme di essere perseguitato (o lo è), per motivi etnici, religiosi, razziali o politici. L’Unhcr (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite che se ne occupa) ne conta 25 milioni e 400mila in giro per il mondo. In vista della ricorrenza, il Centro Astalli e il Comune hanno promosso un incontro alla casetta del custode sul Doss Trento dove vivono Bisrat, Yaya, Mamadou ed Ebrima. Hanno tra i 20 e i 29 anni, arrivano da Eritrea, Costa d’Avorio, Guinea e Gambia. Quando, diversi mesi fa, emerse la possibilità che il progetto andasse in porto e che l’appartamento potesse essere affidato in comodato al Centro Astalli (che paga le utenze), in consiglio comunale era scoppiata la bagarre. Nonostante il bando che, in precedenza, metteva a gara il posto perché venisse occupato da un nuovo custode fosse andata deserta. Loro aprono e chiudono il mausoleo battistiano, si occupano dei servizi igienici e della sala didattica e segnalano eventuali guasti. Non chiamateli custodi che se no le assistenti sociali si arrabbiano. E allora chiamiamoli residenti del Doss Trento. In termini tecnici sono inseriti in un progetto di “terza accoglienza” che andrà avanti fino ad agosto e che sarà possibile prorogare per altri quattro mesi.

Il” prof” Marco Battisti

Ad accompagnarli, oltre agli operatori dell’Astalli e a quelli comunali, anche Marco Battisti, il nipote di Cesare, che ha avuto modo di raccontare e far conoscere ai ragazzi la storia di questa terra, dell’irredentista e di quel mausoleo a lui dedicato.

Bisrat, eritreo, era guida turistica, ha alle spalle qualche anno di università nel settore informatico e su quella strada vorrebbe proseguire. Stava in un campo profughi in Etiopia prima di decidere di salire verso nord. Yaya arriva dalla Costa d’Avorio, studia all’Enaip e fa il magazziniere mentre Mamadou è partito dalla Guinea e a Trento ha iniziato ad andare a scuola. Ebrima guarda con orgoglio l’orto dove ha piantato i pomodori. Lui è gambiano. E ha la passione per il calcio. La squadra di Piedicastello gli ha fatto un provino. Andare su e giù dal dosso è già un gran allenamento. Correre dietro ad un pallone non può che essere un piacere leggero.

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