IL GIALLO Di LEDRO»SVOLTA NELL’INCHIESTA

RIVA. Sono andati a prenderlo ieri mattina alle otto e mezzo, nell’albergo del padre. Quando li ha visti, Ivan Zucchelli, 47 anni noto imprenditore e assicuratore di Riva, non pensava che i...


di Ubaldo Cordellini


RIVA. Sono andati a prenderlo ieri mattina alle otto e mezzo, nell’albergo del padre. Quando li ha visti, Ivan Zucchelli, 47 anni noto imprenditore e assicuratore di Riva, non pensava che i carabinieri fossero lì per arrestarlo. Invece gli hanno notificato un ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Riccardo Dies su richiesta del pm Fabrizio De Angelis per l’omicidio della sua amica Daniela Sabotig, farmacista di 55 anni, morta nella notte tra il 4 e il 5 febbraio in località Pur, sulle rive del lago di Ledro. Zucchelli stava facendo colazione. Lo hanno portato in carcere a Spini di Gardolo. La Procura di Rovereto gli contesta l’omicidio aggravato dalla premeditazione e la truffa ai danni della vittima. Contro di lui un quadro indiziario pesante. Ovviamente si tratto solo di potesi accusatorie. Un puzzle composto dagli inquirenti del nucleo investigativo dei carabinieri di Trento e della compagnia di Riva del Garda che parla di un piano studiato per uccidere la Sabotig al fine di incassare sostanziosi premi assicurativi, oltre che per evitare di restituire oltre 600 mila euro che Zucchelli avrebbe spillato all’amica nel corso degli anni e che continuava a spillare, visto che riceveva, a vario titolo, circa mille euro al mese dalla donna. L’arresto è scattato dopo gli esiti dell’autopsia e dopo il deposito della perizia sulla Renault Kangoo modificata per la guida dei disabili di proprietà di Daniela Sabotig. Esiti che si sono aggiunti alle molte contraddizioni del racconto di Zucchelli notate fin dal primo momento dal comandante della stazione di Ledro dei carabinieri, Massimno Stefani.

La dinamica. Zucchelli e la donna avevano cenato in pizzeria, tra Riva e Arco, quella sera. Secondo la ricostruzione dei carabinieri e della Procura, che ricordiamolo è solo un’ipotesi che deve passare il vaglio del giudice, Zucchelli si sarebbe messo alla guida della Renault di Daniela e si sarebbe diretto verso casa sua, a Legos, frazione di Pieve di Ledro. A un tratto, poco prima della località Pur, avrebbe colpito la donna alla testa con un sasso di 26 chili e con un altro corpo contundente che non è stato trovato. Poi, avrebbe messo la povera Daniela sul posto di guida e avrebbe spinto la Renault nella scarpata che, dalla strada, si tuffa nel lago di Ledro. Secondo l’autopsia, Zucchelli avrebbe aspettato tre quarti d’ora prima di chiamare i soccorsi. Tanto che la morte della donna non sarebbe stata causata direttamente dai colpi in testa, ma da una serie di fattori, come la copiosa perdita di sangue, la temperatura rigida e le condizioni di salute precarie di Daniela che soffriva di sclerosi multipla da molti anni. La donna, quando sono arrivati i carabinieri era ancora viva, ma stava esalando gli ultimi sospiri. Al primo militare intervenuto, Zucchelli, in stato di choc, ha detto: «Daniela è dentro l’auto, ma non risponde». Dentro l’auto c’era il masso di 26 chili. Zucchelli ha spiegato che lui lo aveva tirato contro il vetro del finestrino del lato guida perché la portiera non si apriva. In questo modo, però, l’avrebbe colpita alla testa. Secondo la perizia sul auto redatta dall’ingegner Guido Gonnella, però, il racconto non corrisponde al vero. Infatti le porte della vettura non sarebbero state bloccate e c’era tutto lo spazio per aprire la portiera anteriore. Non solo. Ai carabinieri era sembrato molto strano che la macchina non avesse riportato quasi nessun danno. E, cosa strana, non si erano attivati gli air bag. Niente a che vedere con la rovinosa uscita di strada causata dal malore di Daniela che, per Zucchelli, sarebbe stata alla guida.

La premeditazione.

Secondo gli inquirenti, Zucchelli avrebbe pianificato tutto da settimane. A sostegno di questa tesi ci sono vari elementi. Innanzitutto, nel periodo della visita di Daniela a casa sua, non c’era. Ma gli elementi più pesanti sono altri. In primo luogo nel computer di casa di Zucchelli sono state trovate fotografie del luogo dell’incidente scattate il 16 gennaio, segno che aveva studiato i luoghi. Inoltre il giorno prima dell’incidente, una pattuglia del corpo forestale lo ha visto da solo, a bordo della Kangoo andare verso il luogo dell’incidente. Ma non basta. In novembre, Zucchelli, che aveva la procura generale ad agire in nome e per conto di Daniela, aveva tentato di stipulare un’assicurazione sulla vita della donna con un premio di 500 mila euro che aveva lui stesso come beneficiario. La sede centrale dell’assicurazione, però, aveva rifiutato questa polizza in considerazione delle condizioni di salute precarie della donna. Però era stata stipulata un’assicurazione sulla vita della donna per morte in caso di incidente stradale, premio 150 mila euro e beneficiario, come al solito Zucchelli. Nello stesso periodo l’uomo ha anche integrato la polizza assicurativa sulla macchina di Daniela includendo un premio di 200 mila euro per la morte del conducente. Anche in questo caso il beneficiario era Zucchelli. E guarda caso, al momento dell’incidente la donna era alla guida anche se, da anni, era solita non guidare l’auto con il buio a causa di pesanti problemi di vista.

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