I rifornimenti arrivano con l’elicottero 

A Passo Principe (2600 metri) carichi di viveri e materiali da 900 chili ciascuno trasportati a tarda primavera



TRENTO. A piedi dal Gardeccia a Passo Principe ci vorrebbero due ore, ma in elicottero basta poco più di un minuto. La stagione dei rifugi parte così a 2600 metri, là dove le jeep non arrivano e il carico principale dei rifornimenti si fa, a tarda primavera, con voli d’elicottero. Poi, nel corso dell’estate, le provviste si portano a spalla o, al massimo, con il prezioso supporto di una teleferica (dove c’è) o di una motocarriola (se i sentieri sono sgombri di neve). È un’operazione complessa la preparazione della stagione per i rifugisti - prima che gli escursionisti si mettano in marcia per raggiungerli - parola di Sergio e Daniele Rosi, padre e figlio entrambi guide alpine, che dal 2006 sono proprietari nel cuore del Catinaccio del Rifugio Passo Principe, aperto nell’estate del 2008, dopo un paio d’anni di lavori senza sosta (anche con temperature invernali di - 20°) per rimetterlo a nuovo.

L’estate per i Rosi è cominciata il 28 maggio alle 7.30 nella piana di Gardeccia - documentata anche da un video pubblicato sui canali social dell’Apt di Fassa - tra materiali e soprattutto viveri d’ogni genere già “impacchettati” nelle reti e pronti per essere trasportati con l’elicottero: i carichi pesano tra gli 800 e i 900 chili ciascuno, ma quando il verricello li solleva sembrano solo grandi borse della spesa. «Quando si chiama l'elicottero - spiega Sergio - è sempre una scommessa, perché se al mattino c’è nebbia salta tutto». Niente è sicuro, quando si tratta di queste manovre, se non ci si mette nelle mani di piloti esperti: «Da anni ci affidiamo ai gardenesi Kostner che, assieme ai loro tecnici, sono di una precisione estrema, indispensabile quando si depositano 900 chili di fronte alla porta del rifugio». In cinque viaggi attraverso la Val del Vajolet, in parte ancora innevata, l’elicottero recapita in quota quanto serve per le prime settimane d’apertura (che al Principe è stata il primo giugno). È tutto molto rapido, sia per la bravura dei piloti, sia perché volare costa e, poi, perché i Rosi con Valentina Robol, fidanzata di Daniele e gestrice pure lei del Principe (in piena estate sono affiancati da quattro collaboratori), entro la giornata devono mettere tutto a posto in dispensa e in cantina. Nel resto della stagione è Daniele che, almeno una volta al giorno, trasporta i rifornimenti dal Vajolet al Passo Principe grazie a una motocarriola, con a bordo un carico di due quintali, che lui spinge a piedi per un’ora in salita. Un tale servizio al tavolo giustifica senz’altro il costo di una bibita o di un piatto di pasta a 2600 metri, anche se la soddisfazione di gustarli dopo una camminata di fronte alle Torri del Vajolet e all’Antermoia non ha prezzo. Ed è anche per il privilegio di godersi le giornate lassù che Sergio si dichiara un uomo fortunato. Lui, 64 anni di Calliano, ha iniziato sul Brenta la sua vita di alpinista, guida alpina e gestore di rifugi, per poi trasferirsi sull’Adamello e quindi in Val di Fassa, prima al Rifugio Pian dei Fiacconi sulla Marmolada, e poi al Principe, dove ha coronato il suo sogno: «Non avrei potuto chiedere di più che possedere un rifugio sul Catinaccio e condividere quest’avventura con mio figlio, anche lui guida alpina. Ho acquistato il rifugio da Franz Kofler, che nel 1952 per primo credette in questo posto, costruì il rifugio a valle, lo smontò e rimontò quassù. Con Daniele l’abbiamo ricostruito dalle fondamenta, pezzo per pezzo. Lo apriamo anche d’inverno per gli sci alpinisti. Ma è la tarda primavera il momento più gioioso per me, l’avvio di una nuova stagione, che ha sempre il sapore di una nuova avventura». (a.s. e e.s.)

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