«Dsa, non fate sentire i nostri figli come se fossero dei malati» 

La testimonianza di una madre: «Ho due bimbi con disturbi ma tra i docenti ancora molta impreparazione e pregiudizi» 


di Luca Petermaier


TRENTO. Una madre e i suoi figli con disturbi dell’apprendimento. Stessa famiglia, ma due storie diverse con due esiti diversi. In un caso il bambino è migliorato fin quasi a cancellare il problema. Nel secondo caso il disturbo (discalculia) non solo c’è ancora ma sta incidendo in modo pesante sull’autostima del bambino che si sente inadeguato. Come è possibile? Lo spiega Anna (nome di fantasia), mamma di 45 anni di Trento.

Lei ha due figli con Dsa. Vuole raccontare la sua storia?

Il primo figlio, che ora va in terza media, era disgrafico e disortografico. L’ho certificato in terza elementare e nel suo caso il sistema ha funzionato.

Perché?

Perché ha trovato maestri e professori, anche alle medie, preparati ad affrontare il disturbo sulla base di Piani educativi costruiti su di lui. Oggi lui arriva alle superiori e ha quasi risolto il problema della disortografia.

E il secondo figlio?

È il più piccolo, discalculico. Con lui abbiamo avuto meno fortuna. E oggi, purtroppo, ne paghiamo le conseguenze.

Che cosa non ha funzionato?

Tutto. In prima elementare non lo hanno voluto certificare all’Azienda sanitaria. Dicevano che era troppo piccolo, ma quando ad un bambino di prima metti davanti due dita e gli chiedi quanto fa 1 più 1 e lui ti guarda sempre stralunato, per me è chiaro che c’è qualcosa che non va.

Come avete fatto?

Abbiamo combattuto due anni finché l’ho fatto certificare da un privato in terza elementare: era effettivamente discalculico.

E in classe vi hanno fatto un Piano personalizzato?

Certo, peccato che nessuno dei maestri lo rispettasse. Eppure i miei due figli hanno frequentato le stessa scuola.

Che cosa non ha funzionato con il secondo?

Semplice: ha cambiato di continuo gli insegnanti e quelli che c’erano, obiettivamente, non sapevano come affrontare la discalculia. Gli danno un po’ di tempo in più, lo aiutano nelle schede, ma gli strumenti compensativi che avrebbero dovuto dargli me li sono dovuti comprare io alla Erickson.

Quanto contano i dirigenti?

Molto. So di istituti comprensivi dove i dirigenti sono molto sensibili al tema. Nella mia scuola, invece, tanti bimbi con Dsa hanno deciso di cambiare e sono andati in altri istituti.

Questa impreparazione, a suo giudizio, è generalizzata o vale solo per alcuni disturbi?

Non posso dire che sia generalizzata. Ma sulla discalculia c’è ancora una forte impreparazione.

Suo figlio discalculico viene seguito anche fuori da scuola?

Sì, frequenta la cooperativa Periscopio. Lavorano molto bene, ma c’è un problema di costi. Io non ho più diritto ai buoni di servizio e un’ora e mezza di lavoro con l’insegnante mi costa 22 euro. Ma questi bimbi sono talmente lenti a fare i compiti che un’ora e mezza non basta mai. Credo che la Provincia potrebbe fare un piccolo sforzo per venir incontro a queste famiglie.

Ci sono anche altri costi che dovete affrontare?

Certo, la logopedia per esempio. L’ho anche iscritto a teatro e a canto. Cerco di tenerlo impegnato, gli faccio fare cose in cui può riuscire perché quando esce da scuola, mio figlio, ha l’autostima sotto i piedi. Ma è proprio dall’aumento dell’autostima che dovrebbe partire l’aiuto a questi bambini. Che non sono malati, hanno solo disturbi gestibili, se presi in un certo modo. Peccato che ancora troppo spesso questo non sia compreso nè dai maestri, ma neanche dai genitori degli altri bambini.















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