«Curo i vostri anziani,  voi non avete più tempo» 

Il caso della settimana. Alina, 34 anni, rumena, badante a 6 euro all’ora: «Ma questo lavoro lo faccio con il cuore e i nonni si affezionano». «E mio figlio oggi è più trentino dei suoi amici»  


Chiara Bert


Trento. «C’è un lavoro da babysitter in Italia, ti interessa?». Comincia così, quasi cinque anni fa, con l’offerta di un conoscente, l’avventura di Alina in Italia. Ha meno di trent’anni quando lascia la sua città, in Romania, e suo figlio ancora bambino. Direzione Italia, Napoli. «Non conoscevo niente dell’italiano, avevo paura che la gente mi imbrogliasse perché non capivo. Ma volevo cambiare la mia vita in meglio, per me e mio figlio. Quello che potevo guadagnare in Romania, 120 euro al mese, non mi bastava per pagare le bollette». Il momento più duro arriva quando i suoi datori di lavoro le dicono che nelle sue due ore libere, il pomeriggio, non può uscire di casa: «Vai a riposarti in camera». La sua camera è un ripostiglio. «Io avevo bisogno di aria ma c’erano i bambini a cui badare, e io mi sentivo responsabile, quindi restavo».

Sei mesi dopo Alina è in Trentino. Ed è qui che inizia la sua vita da badante. «La mia unica esperienza era stata con mia nonna, mi ero presa cura di lei, in Romania. Ma non ero spaventata. Io ho subito cercato di mettermi nei panni di quella nuova nonna che aveva bisogno di tutto». Vi definiscono il nuovo welfare, sostituite le famiglie trentine ma lasciate le vostre famiglie. Le pesa? «Capisco che oggi le famiglie qui sono tutte impegnate a lavorare e non ce la fanno ad occuparsi degli anziani, perché non hanno tempo. Da una parte è un bene perché questo dà lavoro a gente come me, che così può mantenere la sua famiglia».

Quando chiedi come si riesce ad inserirsi in un nucleo sconosciuto, a viverci insieme tutti i giorni, risponde con candore: «Chi ha passato tempi pesanti si adatta di più. Io questo lavoro l’ho sempre fatto con il cuore, per me le famiglie in cui sono stata diventavano un po’ la mia. Certo, non è facile. Tutti hanno un carattere diverso, a volte tra due parenti uno dice una cosa e uno un’altra e tu non sai chi ascoltare. C’è stata una casa dove mi dicevano che potevo lavarmi solo una volta alla settimana perché l’acqua costa, “e se non ti sta bene vai via”. Ma “quello che non ti uccide ti rende più forte”, io me lo ripeto sempre».

Le difficoltà sono tante. «Le famiglie chiedono anche di pulire casa, di cucinare. E se ci succede un incidente noi non abbiamo un’assicurazione». Le cooperative pagano, poco: «A me arrivano 6 euro all’ora. C’è stato un periodo in cui mi pagavano con i voucher, mi è capitato anche che il titolare di un’agenzia sparisse all’improvviso con il mio Cud. Un anno ho dovuto dare indietro una parte del bonus Renzi, è stato un brutto colpo, non me l’aspettavo». Per sbarcare il lunario, Alina cerca di fare più lavori contemporaneamente, di integrare con qualche notte di assistenza all’ospedale che frutta 80 euro». Quando l’anziano da seguire ha l’Alzheimer, o una demenza, è ancora più dura: «Non dormiva di notte, urlava, teneva la luce accesa. Il mattino dopo ero distrutta».

Ma accanto alla fatica, la schiena che a 34 anni fa già male, ci sono le soddisfazioni, tante: «Gli anziani si affezionano se tu vuoi loro bene. Anche se non te lo dicono, lo capisci. E quando non te lo aspetti magari ti fanno un regalo. Una signora novantenne mi dava dei consigli sulla vita. Con alcune famiglie nascono amicizie, ci sentiamo ancora dopo anni. Io ho imparato l’italiano e la cosa più bella è che sono riuscita a far venire mio figlio in Trentino». Anche per lui non è stato facile integrarsi, «a scuola all’inizio lo prendevano in giro, ma poi ha imparato la lingua e oggi parla senza accento, è più trentino di tanti suoi compagni», sorride. Anche Alina parla bene l’italiano: «No, non voglio tornare in Romania. La mia vita è qui, per me e mio figlio». «Non mi sono mai vergognata a dire che faccio la badante. Questo è un lavoro onesto, non vai a rubare. Sei “sotto qualcuno”, ma hai la tua dignità». Per mantenersi ha provato a mettersi in lista per una casa Itea. Le hanno risposto che adesso c’è la regola dei 10 anni di residenza, lei non ne ha diritto: “Ripassi tra altri cinque”. Per questo Alina resta straniera. Ma lei non si lamenta: «Scusa, ora corro in casa di riposo, la nonna si sarà già svegliata».













Scuola & Ricerca

In primo piano