«Ci hanno strappato il nostro gioiello» 

Lo strazio dei genitori di Matteo Silini, morto allo studentato Nest ai Solteri. La pm: «Evento naturale: niente autopsia»


di Luca Marognoli


TRENTO. Mamma Susi e papà Severino escono dal Nest, il “nido” che ospita 190 studenti universitari ai Solteri, un palazzone bianco e moderno ai piedi della collina di Martignano, quasi protetto da un’alta parete di roccia, con gli occhi rossi e un borsone sotto braccio. Felpe, pantaloni, scarpe da arrampicata, qualche libro, il cellulare... In pochi oggetti il mondo di un ragazzo di vent’anni che amava lo studio e lo sport. Raccolti e accarezzati con le loro mani prima di metterli via, ordinatamente. Le cose del “loro” ragazzo di vent’anni, Matteo, che neanche due mesi fa era entrato in quel nido per iniziare l’avventura universitaria ad Ingegneria e realizzare il sogno di ripercorrere le orme di papà, titolare di una ditta di costruzioni (la Sicos) a Temù, vicino a Ponte di Legno. Un nido che è stata la sua casa a Trento, per un breve periodo pieno di nuove amicizie ed entusiasmo. Ma che non ha potuto proteggerlo da una fine che era scritta in un destino crudele. «La vita ci ha strappato il nostro gioiello», ripetono mamma e papà. Il suo mondo, e il loro, sono come svaniti. Quello che resta è in quel borsone. «Tutto quello che abbiamo fatto che senso ha adesso?». Il padre non si capacita di dover riportare a casa Matteo, che a Trento era venuto pieno della sua voglia di conoscere e vivere, in una bara. Ma lo ha dovuto fare, perché non c’era nient’altro che in questo momento potesse fare: portarlo a casa, dalla sorella di tre anni più piccola che l’altra sera, mercoledì, il giorno della tragedia, è voluta salire a Trento con i genitori.

La famiglia Silini è stata accolta da una coppia di cari amici di Trento al casello autostradale e accompagnata, attorno alle 19, al cimitero. Il giorno di Ognissanti, con gli ultimi fedeli che uscivano dopo aver fatto visita ai loro cari defunti. Nella camera mortuaria c’era Matteo: hanno voluto vederlo subito, anche se il personale del cimitero non aveva potuto ancora preparare adeguatamente la salma. “Dovevano” vederlo, perché solo così avrebbero capito veramente. «È stato straziante: una violenza incredibile nelle loro vite», dicono i due amici, che non li hanno lasciati soli un attimo. «Ma la loro compostezza nel dolore ci ha dato una grande lezione. Sono una famiglia forte, d’altri tempi quasi: tutti molto uniti e impegnati nella gestione del loro albergo di Temù, l’hotel Adamello di via Roma. Ci sono ancora le nonne di Matteo, anche loro coinvolte nell’attività di famiglia. Come lo era lui: un ragazzo d’oro, che aveva un viso pulito e tanta voglia di fare. Era bello, sano, aveva la vita in mano...». Al cimitero mamma, papà e sorella si sono fermati per un paio d’ore, circondati dalla grande umanità del personale cimiteriale. È arrivato anche un gruppo di amici del giovane, solo per dare un abbraccio forte a quelle tre persone rimaste improvvisamente così sole. Poi i Silini hanno fatto ritorno a casa, per trascorrervi la notte più brutta della loro vita. Ieri alle 10 erano di nuovo in città, senza la figlia più piccola. Sono passati al Nest per ritirare gli effetti personali del ragazzo, accolti dal direttore Luca Nicolli, dal presidente Luca Maurina e da Federico Samaden del Cda, che assieme agli agenti di polizia hanno fatto di tutto per dare il loro sostegno alla coppia. Infine di nuovo al cimitero, dal loro ragazzo. Alle 16 il trasporto della salma a Temù, dove domani alle 15 sarà celebrato il funerale. La pm Silvi non ha aperto alcun fascicolo né disposto l’autopsia: per il magistrato non ci sono dubbi che la morte sia derivata da cause naturali (forse una gastroenterite emorragica) e sull’assenza di profili di reato. La famiglia non ha voluto procedere a un’autopsia sanitaria. Pur nell’enorme dolore, ha preso atto della scomparsa di Matteo. Papà e mamma hanno solo chiesto di ritornare assieme a lui a Temù.













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