l'inchiesta

Agricoltura bio, è boom in Trentino

I primi mesi del 2016 segnano un 15% in più per la vite ed un 19% per la frutta. Anche Poli proporrà prodotti non trattati


di Sandra Mattei


TRENTO. È boom delle coltivazioni biologiche in Trentino. I dati lo confermano per gli ultimi cinque anni, ed in particolare per i primi sei mesi del 2016. La richiesta di cibi sani, non trattati, aumenta e, di conseguenza, la produzione si adegua.

I dati forniti dall’assessorato all’agricoltura della Provincia sono aggiornati alla fine di luglio e registrano un ulteriore balzo in avanti delle aree coltivate in modo biologico, ovvero senza sostanze chimiche e prodotti di sintesi (vedi l’articolo a fianco). Una crescita che ha visto la produzione frutticola raddoppiare dal 2010 ad oggi e quasi triplicare quella della vite. Quest’ultima infatti è la produzione che ha imboccato la strada di produzioni che più si adattano alle condizioni locali e bocciano pesticidi e fertilizzanti di sintesi. I dati (riassunti nella tabella) testimoniano l’aumento di frutta non trattata, superficie passata dai 269 ettari del 2010 ai 591 del luglio 2016, mentre gli ettari coltivati a vite biologica sono passati dai 228 del 2010 ai 795 del luglio 2016. Anche ortaggi e cereali hanno avuto un incremento, più contenuto, dai 183 ettari ai 336 del luglio 2016.

Del resto, è stata la Val di Gresta, con i ricercati ortaggi, a diventare il primo distretto bio del Trentino. Abbiamo chiesto all’assessore all’agricoltura Michele Dallapiccola se la Provincia crede in un futuro Trentino bio. «Direi che questi dati - risponde Dallapiccola - sono la dimostrazione che la Provincia sostiene le coltivazioni biologiche ed ha infatti incentivato il settore, modificando i parametri di accesso agli incentivi europei con l’ultimo Piano di sviluppo rurale (Psr). Incentivi che sono al 40 per cento dell’Unione europea, ad un altro 40 per cento statali e al 20 per cento provinciali».

Ed a proposito della maggiore difficoltà di passare ad un’agricoltura che non usi sostanze di sintesi per la frutticoltura, e delle mele in particolare, Dallapiccola specifica: «Proprio i primi sei mesi del 2016 registrano per la frutticoltura un aumento del 19,15 rispetto all’anno precedente. Questo è un segnale che dimostra la maggiore sensibilità degli agricoltori, che bisogna accogliere con soddisfazione. Non dimentichiamo che anche nell’agricoltura convenzionale, siamo stati dei pionieri nella lotta integrata». Ma la Provincia, come conferma l’assessore competente, ha il compito di incentivare l’agricoltura bio, visto che si tratta di un mercato sempre più in espansione. Ed a questo proposito, Dallapiccola annuncia che lo stesso gruppo Poli ha deciso di aprirsi ai prodotti biologici.

«Il gruppo di distribuzione alimentare - spiega - ci ha chiesto di aprire il dialogo con il mondo dei produttori biologici. La Provincia ha fatto da intermediario ed ha messo in contatto un centinaio di produttori con Poli. Quest’ultimo ha fatto un patto con alcune aziende bio, più strutturate, che offriranno i loro prodotti. Il problema, per questo settore è che c’è una tendenza all’individualismo e tante piccole realtà non fanno una grande forza. Ci sono quelli che scelgono l’associazione temporanea di impresa o i consorzi, come l’esempio più recente, dove a Brentonico alcune aziende si sono associate».

La strada per diventare una provincia bio è ancora lunga. A livello nazionale la media di superficie coltivata bio rispetto al totale di superficie utilizzata è l’11% ed il Trentino è al 4,5%, ma l’Alto Adige è ancora più in basso, solo al 2,7%. Ed i settori che faticano di più a percorrere la strada biologica sono quelli del latte, mentre per gli allevamenti (ma la Valle Rendena da tempo spicca per avere valorizzato la razza Rendena), altro settore che non ha colto questa opportunità è quello dei piccoli frutti, nonostante sia all’80% gestito dalla cooperazione.













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