Addio a Kuzminac, la sua «aria fresca» ci ha fatto sognare 

Serbo d’origine e trentino d’adozione si è spento a 65 anni Laureato in medicina, fu lanciato da De Gregori 


di Giuliano Lott


TRENTO. Della sua stoica lotta contro la malattia, erano informati quasi tutti gli amici che lo avevano frequentato. Goran Kuzminac, cantautore e chitarrista, si è spento ieri mattina. Aveva compiuto 65 anni a giugno. Quando arrivò a Trento dalla nativa Serbia – allora ancora Jugoslavia – Goran aveva sei anni. Era nato a Zemun, il più grande comune della capitale Belgrado, che oggi conta circa 160 mila abitanti. Era il 1959, e a quell’epoca, come ricordava lui stesso, gli stranieri in città erano 24. «Molti» diceva il funzionario del Comune che si occupava di immigrazione. Era davvero un’altra epoca, e il fatto di essere straniero, ammise lui stesso, lo faceva sentire un po’ “speciale”. Speciale lo era sul serio, lui che aveva studiato in Austria frequentando le scuole fino al primo anno di liceo, e che da studente aveva iniziato, come molti ragazzi invasati di musica, a suonare in un gruppo. La batteria, in principio, poi la chitarra, sulla quale imparò grazie alle “dritte” ricevute da un militare americano incontrato per caso in treno la tecnica del fingerpicking, che consiste nel pizzicare le corde con le unghie o con il plettro, realizzando intrecci vorticosi. In Italia era una novità, e lui si specializzò in questa tecnica che costituì la sua caratteristica più forte, quella che lo ha messo in evidenza come musicista. Iscritto a medicina a Padova, dove si laureò, aveva iniziato a frequentare Milano e Roma, dove sapeva di potersi spendere come musicista turnista. La sua abilità con la chitarra - che lui stesso definì “la mia arma di difesa” - gli permise di iniziare a suonare in studio per i cantautori, che avevano bisogno di strumentisti capaci. A notare le sue capacità fu Francesco De Gregori, subito dopo l’incisione di Rimmel. Capì che non era solo un chitarrista, che aveva talento anche come autore, e lo chiamò a Roma, dove gli presentò Vincenzo Micocci, il boss della It, l’etichetta che aveva lanciato, oltre allo stesso De Gregori, Venditti e Ron, allora sconosciuti. Micocci, che arrivava dalla Rca Italiana, lo affidò alle cure di una piccola etichetta satellite, la Una Sors Coniuxit di Gaio Chiocchio, che aveva militato nei Pierrot Lunaire. Chiocchio gli fece incidere il primo 45 giri (“Io”) in una confezione di tre singoli, ognuno con un artista emergente diverso. Fu Goran l’unico a farsi notare dal mercato, e venne mandato in tour ad aprire per quelli che all’epoca erano i nomi di punta, con cui peraltro Kuzminac aveva già collaborato in studio. Salire su un palco che attendeva Venditti, o De Gregori, significava esporsi al rischio di lazzi, sputi, insulti e fischi. Goran usava la sua “arma segreta” per stordire il pubblico ostile: la sua bravura. E ci riusciva quasi sempre. Alla fine degli anni Settanta, il colpo che lo portò in cima alle classifiche: “Stasera l’aria è fresca” fu non solo un successo, divenne un tormentone, e seguito da “Ehi ci stai” pose all’attenzione di tutti questo irsuto e caparbio giovane di talento. Presto arrivarono i Q Concert - il primo con Ron e Ivan Graziani, il secondo con Nino Castelnuovo e Marco Ferradini - , ma il gusto del pubblico stava cambiando e i produttori volevano che si piegasse a seguire le mode. Goran li mandò a quel paese, e pagò questa scelta venendo messo in un angolo. Non si arrese mai - ha pubblicato 14 dischi - anche perché quando suonava dal vivo la gente c’era sempre. Si rivolse a un allora giovanissimo Stefano Raffaelli, pianista roveretano, che lo seguì in tour tra l’88 e il 92, e gli fu accanto anche nel 2014, con un disco arrangiato per quartetto jazz in cui suonavano anche Walter Civetttini, Flavio Zanon e Carlo Alberto Canevali. «Mi ha insegnato molto, tutto quello che conosco sul music business e come si sta su un palco - ha commentato rattristato Raffaelli -. Aveva grande carisma, mi manca molto». Il funerale sarà celebrato domani, alle ore 15, al cimitero di Trento.

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