A Natale le Ong che vivono di donazioni 

Dall’Unicef a Medici senza frontiere, le vie del centro pullulano di banchetti: ci lavorano molti giovani pagati “a risultato”


di Fabio Peterlongo


TRENTO. Arriva il Natale e le vie del centro di Trento si popolano dei banchetti di Ong e associazioni benefiche. Nonostante un clima politico in cui le Ong sono state pesantemente delegittimate, Trento rimane “solidale”, ma si acuiscono gli “estremi”: «Chi aiutava prima, oggi aiuta ancora di più e chi prima era avverso, oggi è ostile», dice una dialogatrice di Medici Senza Frontiere.

Amnesty International, Emergency, Save The Children, Greenpeace, Unicef, Unhcr, Telethon: è nutrita la lista delle organizzazioni che traggono dal dialogo diretto buona parte dei loro proventi. Lo schema è collaudato: un dialogatore “aggancia” il passante per illustrare i progetti che si vogliono sovvenzionare. Il dialogatore è di solito un giovane che guadagna una cifra tutto sommato modesta e “a cottimo” (più contatti realizzati, maggiore è il guadagno), ma è spesso motivato dallo stesso spirito solidale che ricerca nei passanti.

La formula del “face to face” funziona, come conferma Sole (nome di fantasia) che lavora sotto le insegne di Medici Senza Frontiere: «Funziona perché consente alla Ong di abbattere i costi e di pianificare a lungo termine i progetti. La donazione occasionale non è altrettanto efficace». Sul trattamento economico dei dialogatori, criticato per la sua natura di “cottimo”, Sole ha commentato: «Le Ong investono una piccolissima parte del loro bilancio nei dialogatori, attorno al 5%, perché la priorità sono i progetti. Ma la motivazione economica non è certo la sola molla che ci spinge a stare qui». Lo conferma anche Marco (nome di fantasia) di una nota Ong che si occupa di diritti umani: «Io ho 33 anni e 2 figli e necessito di una retribuzione. Certamente lavorare per obiettivi è stimolante, ma la mia spinta nasce dal mettere all'opera la parte buona che c'è in me». Marco conferma la bontà della piazza trentina: «Qui si raccoglie molto di più che altrove. Le persone sono più sensibili rispetto alla media nazionale». Ma sottolinea anche come il clima politico abbia conseguenze: «Ultimamente le persone coltivano la parte d'odio dentro di loro, spinte dalla politica».

Anche Nawad, dialogatrice per Telethon, conferma come a Trento si lavori meglio che altrove: «In media solo 1 persona su 7 risponde in maniera sgarbata, la maggior parte ci liquidano con un “Ho fretta”». Il caso di Telethon è particolare perché non è oggetto dell’ostilità politica che colpisce le Ong, suggerisce Nawad, ma non manca chi vuol fare polemica: «Un signore mi ha attaccato pesantemente dicendo che non aiuterebbe mai Telethon perché fa esperimenti sugli animali. Poco conta tutto quello che di buono ha concretamente realizzato». Sul profilo dei “donatori”, Sole racconta un aneddoto sorprendente: «È più solidale chi meno ti aspetti: ci ha avvicinato un senza-tetto, rimasto per strada dopo aver perso lavoro e famiglia. Voleva donare dal suo conto in banca».

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