Sergio Tomasoni farà da “tutor” ai nuovi gestori

Rovereto. Si può rigenerare una città che sta morendo? Sergio Tomasoni, storico gestore del bar gelateria di via Dante, non ha una risposta rassicurante. «Ci sono persone che ci credono, si sono...



Rovereto. Si può rigenerare una città che sta morendo? Sergio Tomasoni, storico gestore del bar gelateria di via Dante, non ha una risposta rassicurante. «Ci sono persone che ci credono, si sono comuni italiani che ci sono riusciti. Comunque, bisogna tentare». Perché l’alternativa è vedere rapidamente morire del tutto Rovereto, che oggi manda mille messaggi di gravissima difficoltà. Ma a dispetto dello sport nazionale dei suoi concittadini, Tomasoni, roveretanissimo, non scarica la colpa di tutto sulla viabilità né tantomeno chiede alla amministrazione cittadina di risolvere ogni problema. «Sono convinto - dice - che senza che nella cittadinanza si ponga dapprima il problema e poi la consapevolezza del fatto che senza collaborare tutti assieme, nulla possono né privati né pubblico». Quindi ognuno si guardi attorno, si renda conto e si dia da fare in prima persona. Lui, nel suo piccolo, ci prova.

Il suo bar ha una storia che ha attraversato quella di tutte le generazioni oggi attive a Rovereto. Quando ormai molti anni fa ha tentato di passare la mano, non è andata bene. Alcune gestioni si sono succedute rapidamente, senza mai trovare il bandolo della matassa. Dal maggio scorso il bar, che ora si chiama “bar Del Toma”, è chiuso. A settembre riaprirà, ma per un esperimento nuovo. Sergio Tomasoni lo mette in mano a due giovani di origini sudamericane, ma offrendosi in qualche modo come tutor. «La verità è che nemmeno esercenti ci si può improvvisare. Non si nasce pronti. E molti giovani non hanno affatto la consapevolezza di quello che significhi gestire un locale con la speranza che possa funzionare. Partono sull’onda dell’entusiasmo e vanno a sbattere. Non basta mettergli il locale in mano: vanno formati sul campo, seguiti. Sia ben chiaro però: lasciando che loro sia la responsabilità della cassa, perché è la cassa, i soldi che entrano e quelli che escono, il metro inflessibile su cui si misura una attività. E la consapevolezza è la prima lezione da imparare. La seconda è che niente arriva gratis e che anche quello dell’esercente è un mestiere. Bellissimo, tanto che io non riesco a separarmene malgrado l’età non più certo verde, ma impegnativo e faticoso. E sinceramente la voglia di lavorare non è che si sprechi tra molti giovani roveretani. L’ho trovata in questi due ragazzi. Loro hanno voglia di provarci. Io ci proverò con loro». L.M













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