ROVERETO. Sono passati quattro anni. In mezzo proteste, campagne di monitoraggio, l’acquisto di un costoso e sofisticato naso elettronico, infinite trattative con la ditta (la Novartis) ritenuta la principale responsabile del fenomeno, interventi annunciati come risolutivi, passerelle di amministratori e imprenditori che annunciano la fine del problema. Poi al secondo giorno di caldo ci si ritrova nelle stesse condizioni di quattro anni fa (e dell’estate scorsa, e di quella precedente...): una puzza penetrante e quasi densa, che toglie qualsiasi piacere dal frequentare gli spazi aperti propri o pubblici, impedisce di aprire le finestre di casa, costringe ogni giorno a ripensare a perché uno che di mestiere non si occupa di spurghi, debba comunque annusare una simile tanfa. E senza nemmeno la consolazione di una mascherina.

Quando un anno fa - ricorda ora il Comitato Lizzana non puzza - l’assessore Gilmozzi assicurava che l'azienda aveva investito 1 milione e mezzo e cinque mesi di lavori e che il nuovo impianto costituiva una “sostanziale e definitiva soluzione del problema”, i residenti chiedevano cautela, invitando a continuare i monitoraggi, visto che le emissioni odorigene continuavano ad esserci, giustificate di volta in volta con cambio dei filtri, temporanei malfunzionamenti dell’impianto e spiegazioni simili. Ora, segnala il Comitato, siamo daccapo. Con qualche settimana di ritardo rispetto al passato, semplicemente perché il freddo è durato più del normale. Ora il caldo è arrivato e la puzza, la solita, anche. A “Dimostrazione palese che quello che lo scorso anno era stato presentato come intervento risolutivo, risolutivo non lo è stato affatto”.

Una situazione di cui per il Comitato, Provincia, Comune, Appa e Azienda devono prendere atto. E risolvere davvero il problema: 4 anni sono già troppi. A costo di chiudere l’impianto, se non lo si può gestire senza rovinare la vita di mezza città. (l.m.)