«Oriente Occidente? È nato al tavolo di un bar» 

Studenti assieme, Lanfranco Cis ha collaborato con Paolo Manfrini per 40 anni «Era aperto verso il mondo ed il nuovo e amava le radici e la cultura pop»


di Luca Marsilli


ROVERETO. Lanfranco Cis. A Rovereto, facendo torto sicuramente a qualcuno, Cis e Manfrini è quasi un’endiadi. Pensando ai Festival, al teatro, alla vita politica e culturale cittadina. Cominciamo dalla fine? «Cominciamo da domani. Quando ci saluteremo per l’ultima volta sulle note di una canzone di Cohen: un autore che amava tantissimo. È ascoltando Cohen che Paolo e Marisa hanno passato il sabato sera. Dovevamo uscire assieme per andare ad Ala Città di Velluto, ma nel pomeriggio Paolo aveva avuto un grave peggioramento. È stata di fatto la sua ultima serata di coscienza».

Voi avete lavorato assieme per quasi 40 anni. Molte coppie durano molto meno. Come è cominciata?

A Milano, in pieno sessantotto. Avevamo una camera assieme, con lui e Diego Leoni. Entrambi iscritti a filosofia, alla Statale ma nessuno di noi due avrebbe finito: dopo un paio di anni eravamo di nuovo a Rovereto. Lui aveva iniziato a lavorare al giornale, io pure lavoravo... È andata così.

Ma non vi siete persi di vista.

Assolutamente, anzi. Avevamo i nostri momenti e i nostri riti. Uno era incontrarci a fine giornata, verso le sette di sera. Lui consegnava il fuori sacco alla corriera alle sei e mezza. Ci trovavamo al bar Triunfo, a due passi dalla redazione. Un bicchiere e quattro chiacchiere. Ci piaceva giocare agli esistenzialisti francesi. Oriente Occidente è nato lì, a quel tavolino.

In che senso?

Nel senso che in quelle discussioni uno dei temi ricorrenti era cosa potevamo fare a Rovereto. Per portare una ventata di nuovo di diverso. Un respiro di mondo. Avevamo idee, qualche contatto, tanto entusiasmo. Nel 1981 ci siamo lanciati, ed è nato Rovereto Teatro Musica. Non avevamo alcuna struttura per affrontare la burocrazia e ci siamo appoggiati al “Leno”, la rivista satirica roveretana erede della “Rava”. Già l’anno dopo nasceva Oriente Occidente, con l’idea di esplorare le avanguardie teatrali, musicali e nella danza, guardando ad Oriente perché allora le maggiori innovazioni venivano da lì. Nel 1993 il festival sarebbe diventato un ambiziosissimo confronto tra Tokio e New York. A quel punto era andata: il festival è arrivato fino ad oggi, definendo sempre più l’indagine sulla danza contemporanea, fino a diventare il più importante festival di danza contemporanea in Italia.

Il gruppo iniziale è anche quello di oggi.

Certo. Io, Manfrini e Paolo Baldessari. Che è presidente di Oriente Occidente fin dalla terza edizione. Il primo presidente era stato Mariano Volani, poi travolto dalle fin troppo note vicende dell’Irpinia.

Manfrini poi si sarebbe legato anche a molte altre manifestazioni, ma Oriente Occidente restava la sua passione.

Non la sola. Al teatro amatoriale si è dedicato tantissimo, lavorando fin da giovanissimo con la compagnia di Lizzana e rilanciando sia quella compagnia che il teatro amatoriale in Trentino, aprendo a nuove suggestioni e nuovi autori, riportando il teatro nei paesi col Sipario d’Oro. Quella è stata una avventura tutta e solo sua. Oriente Occidente era la nostra. E Paolo lo sempre seguito, pensato, creato. Anche quando il lavoro gli lasciava meno tempo, quello necessario lo riusciva a trovare. Non c’è programma dal 1981 a oggi che non sia stato elaborato assieme. E dopo l’inizio della malattia, quando ha cessato il lavoro, si era gettato anima e corpo nel Festival.

Per lui con l’approdo all’Apt era iniziata la fase dello spettacolo come veicolo turistico.

È stata un’altra sua grandissima intuizione: usare territorio ed arte e spettacolo assieme, creando uno straordinario mix in grado di rilanciare il Trentino e le sue bellezze, valorizzarle e aprirle ad un turismo nuovo, per il quale il solo territorio non basta più.

I Suoni delle Dolomiti?

Non solo. Il primo passo in questo nuovo campo è stato “Se in Trentino d’estate un castello”: una quarantina di castelli riscoperti facendone palcoscenico di eventi. Poi ci fu “Specchi di stelle”, fuochi artificiali sui laghi del Trentino. Fino a lì eravamo assieme, nel senso che sono cose cui ho collaborato. I “Suoni delle Dolomiti” sono invece tutti e solo suoi. E penso siano il suo capolavoro, per il movimento che hanno saputo creare.

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