Linguista roveretano vola a Los Angeles: è professore alla Ucla

Giovanni Rossi, 32 anni, ha lavorato come ricercatore in Olanda e Finlandia spiegando perché si dice poco “grazie”



ROVERETO . Sta per iniziare il suo primo anno da assistant professor alla prestigiosa Ucla di Los Angeles e alle spalle ha già un currisculum di prim’ordine. Giovanni Rossi, 32 anni, roveretano, è già titolare di numerose pubblicazioni in ambito scientifico. Laureato con lode in linguistica a Bologna con una singolare tesi sul linguaggio utilizzato negli Sms, ha lavorato per tre anni come ricercatore al Max Plank Institute for Psycholinguistic di Nimega, in Olanda, dove ha conseguito un master in linguistica e un PhD in scienze sociali prima di trasferirsi come senior researcher all’Università di Helsinki. Durante gli anni in Europa, Rossi ha svolto numerose ricerche di linguistica applicata e una di queste in particolare è stata pubblicata dal prestigioso sito della Royal Society, una delle principali istituzioni della ricerca scientifica internazionale, che gli ha dedicato la sua pagina web “Open science” destinata alle discipline innovative. Rossi era infatti stato coordinatore di un team internazionale al Max Plank Institut che ha dimostrato il motivo per il quale nella comunicazione di tutti i giorni si dice poche volte “grazie”. Lo staff coordinato dal linguista roveretano è partito dal quesito su quanto spesso si usi dire “grazie” nelle situazioni più disparate, in tutte le matrici linguistiche del mondo - sono stati presi in considerazione le lingue inglese, polacca, italiana, russa, lao (parlata in Thailandia, Cambogia e Laos), Murrinhpatha (lingua aborigena dell’Australia), Siwu (lingua africana) e Cha’palaa (una lingua indigena dell’Ecuador), prese a paradigma per i vari idiomi -, e il risultato è che l’espressione di gratitudine è rara, senza particolari distinzioni. Sfatato dunque il mito degli inglesi che “ringraziano sempre”: dicono grazie solo nel 5% dei casi, come gli italiani, i francesi e pressoché tutte le lingue europee. La ragione è che nelle situazioni in cui viene riconosciuta da tutti i parlanti una sorta di “ambito collaborativo”, il ringraziamento diventa pleonastico, un “di più” del tutto inessenziale. Per spiegarla con un esempio banale, se mentre si prepara del cibo uno chiede il sale, lo riceve senza ringraziare perché si dà per scontata la comune partecipazione a uno stesso evento (nel caso, la cena, o il pranzo). Ci sono addirittura alcune lingue che non contemplano la parola “grazie” in questi casi.

La ricerca pubblicata dalla Royal Society, assieme a un notevole numero di altre pubblicazioni scientifiche in ambito linguistico e socio-psico-linguistico, gli è valsa la cattedra di assistant professor al Department of Sociology, e da qualche settimana Giovanni Rossi è a Los Angeles, per cercare casa e ambientarsi nel suo ufficio alla Ucla. (gi.l.)

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