Aquaspace, con il no al ricorso a rischio i dipendenti Tessil 4 

Ieri l’assemblea per le due aziende, tensione e fortissima preoccupazione tra i lavoratori Il sindacato chiede un incontro urgente alla dirigenza: «Va fatta chiarezza sulle scelte future»



ROVERETO. Se il ricorso di Aquaspace contro il sequestro del depuratore chimico ad opera della Dda di Trento fosse stato accolto, forse sarebbe cambiato poco nell’immediato ma ne sarebbe almeno emerso un qualche segnale sulla ragionevolezza delle argomentazioni dell’azienda. Invece le cose sono andate in modo diverso: il no della Cassazione ha di fatto confermato la legittimità del sequestro, ed ora l’azienda si trova a dover fare i conti con un’altra scadenza, quella del 28 settembre, data fissata per l’incidente probatorio, e al tempo stesso termine ultimo per l’azienda, che ha già fatto sapere di non poter tollerare - per ragioni legate a investimenti e programmazione del lavoro - ulteriori ritardi. Vale a dire che l’unica condizione per poter far ripartire Tessil 4 - l’azienda del gruppo Aquafil che produce filati in nylon e che utilizza nel suo ciclo produttivo il depuratore Aquaspace - è il dissequestro. Ed è un evento tutt’altro che scontato, sia per i tempi della giustizia sia nell’eventualità che la magistratura confermi il sequestro anche dopo quella data. A questo punto rischiano anche i dipendenti di Tessil 4, perché la proprietà non ha intenzione di ridiscutere il proprio ultimatum: se la situazione non si sblocca entro fine settembre il futuro - sia per Aquaspace che per Tessil 4 - è la chiusura e il trasferimento dell’attività altrove (con tutta probabilità all’estero). Ieri i lavoratori delle due aziende si sono riuniti in assemblea con i sindacati, i quali hanno chiesto alla dirigenza di Aquaspace e Tessil 4 un incontro urgente. «Vogliamo capire quale sarà il futuro per i lavoratori nei vari scenari possibili. Va fatta chiarezza su questo aspetto» spiega Mario Cerutti della Cgil, che ha firmato la richiesta d’incontro assieme ai colleghi Ivana Dal Forno (Cisl) e Alan Tancredi (Uil). «Ci sono in ballo oltre 70 posti di lavoro, faremo di tutto per difenderli» ha concluso il sindacalista. In azienda si respira un clima pesante, anche per la delusione dei lavoratori di fronte al trattamento riservato ai quattro dipendenti di Aquaspace, licenziati in tronco quando l’azienda ha capito che il dissequestro non sarebbe stato revocato. La percezione, per chi lavora ormai da decenni nello stabilimento, è di una proprietà del tutto impermeabile al problema del perdere il lavoro in un contesto in cui la capacità di riassorbimento della manodopera espulsa è bassissima. È chiaro a tutti come, se le due aziende chiudessero i battenti, il rischio sia davvero quello di ritrovarsi disoccupati da un giorno all’altro, senza peraltro avere alcuna colpa per la situazione che si è venuta a creare da febbraio, da quando cioè la Dda ha contestato ad Aquaspace le procedure utilizzate nei processi di depurazione, imponendo i sigilli all’impianto.

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