Londra-Riva, l’amicizia nata ricordando Vikram 

L’8 aprile del 1994 il docente universitario inglese morì precipitando dal Tombio Da allora, ogni anno i genitori tornano sul Garda. Accolti dai “fratelli” rivani



RIVA. La signora Lila infila una mano nella borsetta e sfila un orologio con la cassa in ottone, attaccato solo un brandello di cuoio, ciò che resta del cinturino: mostrandolo, lo maneggia con la delicatezza che richiedono le cose più preziose. Le lancette indicano le 10.22. Sono ferme dall’8 aprile del 1994, giorno in cui Vikram Khutti, cittadino inglese, precipitò dal monte Tombio.

Vikram, docente universitario, aveva 28 anni e una grande passione per la montagna. Arrivò in Italia in primavera per una vacanza: prima Firenze, poi Venezia ed infine il Garda. Alloggiava all’ostello di piazza Cavour. Quel giorno era partito per un’escursione sulle montagne che sovrastano Riva. Con ogni probabilità perse il sentiero e fu sorpreso dal buio: trovandosi sul Tombio, tradito dalle luci di San Giacomo, cercò probabilmente una facile vie di rientro, precipitando nel vuoto e schiantandosi in una zona impervia a ridosso del rio Gamela. Fu ritrovato da un pescatore, Diego Prandini, il 15 maggio. Nelle cinque settimane che hanno preceduto il rinvenimento, la grande mobilitazione dei soccorritori e di “Chi l’ha visto?”, che nel corso di una diretta a Riva mandò in onda l’appello di mamma Lila e papà Veman, commercianti londinesi.

Quella tragedia si è trasformata in una storia di amore e di amicizia, un legame profondo, cementato in anni di viaggi sulla rotta Londra-Riva, corrispondenze, condivisioni. Tra i protagonisti di questa storia c’è Ettore Gino, 80 anni portati con l’entusiasmo di un ragazzino, per decenni colonna del soccorso alpino rivano: fu lui, il 15 maggio del 1994, il primo ad accorrere sul luogo del ritrovamento del corpo. E fu sempre Ettore, accogliendo il desiderio dei genitori, a mettersi a cercare in quello che all’epoca era un bosco fitto fitto l’orologio di Vikram: lo trovò nella vegetazione alcuni giorni dopo la scoperta del cadavere. Scattò una foto all’orologio e la inviò a Londra. L’anno successivo Lina, Veman (origini indiane la prima, keniane il secondo) e la figlia Rakhi tornarono a Riva. Da allora, non hanno mancato un solo anno: ad ogni primavera, solitamente intorno alla data della morte di Vikram, si dedicano al pellegrinaggio sul luogo della tragedia, trasformato negli anni in un giardino. Ad accoglierli, in questi giorni, come ogni anno, ci sono Ettore e Tiziana Michelotti, “fratelli”, come li chiamano gli amici inglesi. Non c’è più Carlo Farina, il marito di Tiziana, scomparso tragicamente nel 2010 a due passi da casa sua. Casa che, vicina al luogo della tragedia, divenne nel 1994 un punto di riferimento: insieme ad Ettore, Carlo per molti anni si è preso cura del giardino di Vikram, lavorando anche per renderlo più accessibile con alcuni cordini. Nel giorno dell’anniversario della morte, a Natale, ma frequentemente anche durante l’estate, c’è chi raggiunge il giardino per portare un fiore.

Ad ogni visita, Lila e Veman si fermano in preghiera per alcune ore, adagiandosi su una panchina posizionata appositamente per loro: «Per noi poter stare nel luogo dove nostro figlio ha perso la vita è un sollievo – spiegano – in questo modo possiamo mantenere un legame con lui». Ma è soprattutto l’amicizia con Ettore e Tiziana la testimonianza di un rapporto speciale con Riva: «Non parlo una parola di inglese – dice scherzando Ettore – ma in questi 24 anni ci siamo sempre capiti». «Mamma ora sa cucinare la polenta e papà mangia la pastasciutta – dice sorridendo Rakhi, due bimbi al seguito e un terzo in arrivo – siamo diventati un po’ italiani».

Oggi la famiglia Khutti riparte per Londra. Il prossimo anno saranno di nuovo qui. E i fiori del giardino di Vikram continueranno a sbocciare. (g.f.p.)













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