Dipendenti licenziati, Coop ko anche in appello 

La causa. La cooperativa condannata dai giudici anche al pagamento delle spese I tre lavoratori erano accusati di aver consumato bevande senza pagare. Il reintegro è definitivo



riva. Dovrebbe essere arrivato al capolinea (salvo improbabili ricorsi per Cassazione) il contenzioso tra Coop Alto Garda e tre dipendenti, prima licenziati perché accusati di aver rubato in uno dei negozi e quindi reintegrati dal giudice. Ieri, nell’udienza d’appello che si è tenuta in tribunale a Trento, i giudici ancora una volta hanno dato pienamente ragione alla difesa (i tre dipendenti erano rappresentati dagli avvocati Lorella Sitzia, Silvia Bombardelli, Anna Gnuffi e Mauro De Pascalis) condannando la cooperativa anche al pagamento delle spese.

I tre lavoratori erano stati licenziati nell’autunno del 2017, un provvedimento che aveva suscitato scalpore. Da allora la Coop, retta dal commissario Maurizio Postal, ha imboccato la strada della massima severità. Il giudice Michele Cuccaro, dopo il ricorso presentato dai legati dei dipendenti, ha prima ordinato il reintegro, poi – nel corso della causa promossa dalla Coop– ha nuovamente dato ragione ai tre lavoratori. A quel punto la cooperativa ha ancora una volta impugnato la sentenza, facendo ricorso in appello. Una decisione che aveva suscitato la reazione della Cgil e della Sinistra italiana, che avevano fortemente criticato i vertici di Coop Alto Garda: «Invitiamo la Coop non a ricorrere, ma a valutare semmai i presupposti per promuovere una causa per rivalersi dei soldi persi nel caso di Eleonora Angelini, l’estromissione di un socio solo perché aveva parlato con un sindacalista», aveva polemicamente detto Mirko Carotta, sindacalista Cgil.

Ai tre dipendenti (tra i quali un capo negozio ed un capo reparto) era stato contestato di aver consumato, in cinque distinti episodi, bevande alcoliche che solo in un caso – a detta dell’azienda – erano state pagate e solo dopo essere stati sorpresi da un collega.

L’episodio più rilevante è quello del 25 settembre 2017, quando per la cooperativa i tre avrebbero prelevato, senza pagarle, dodici bottiglie di birra, poi ritrovate in un sacco con altri prodotti del punto vendita nell’isola ecologica che si trova nei pressi del negozio. I tre hanno sempre respinto con forza le accuse (per altro in uno degli episodi contestati uno dei tre non era fisicamente presente): «Se abbiamo bevuto alcolici, lo abbiamo sempre fatto al di fuori dall’orario di lavoro e sempre pagando le consumazioni», hanno sempre ripetuto.

Le accuse che hanno portato Coop Alto Garda al licenziamento secondo le motivazioni del giudice Michele Cuccaro nella sentenza di primo grado, non erano avvalorate da alcuna prova. Il ritrovamento delle bottiglie nell’isola ecologica riservata alla Coop, secondo il giudice non aveva alcun valore: l’isola ecologica non è chiusa e chiunque (come accaduto più volte secondo molte testimonianze) può accedervi e lasciare immondizia. Non solo: la sentenza di primo grado ha stabilito che non vi era prova alcuna che le bottiglie consumate non fossero state pagate. Coop Alto Garda ha prodotto tutti gli scontrini relativi alle giornate 23, 24 e 25 settembre con l’intento di dimostrare che non c’era un acquisto unico di dodici bottiglie della marca ritrovata nell’immondizia, ma solo alcuni acquisti separati. Per il giudice questa non poteva essere portata come prova del comportamento scorretto dei tre dipendenti, che potrebbero aver acquistato separatamente le bevande.

Tutte argomentazioni che evidentemente hanno trovato terreno fertile anche nell’udienza d’appello. G.F.P.

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