«Al lavoro 11 ore, ma risultavo in ferie» 

Le testimonianze dei lavoratori del ristorante sushi: «Mi sono ammalato, hanno voluto i soldi dei giorni di assenza»


di Gianfranco Piccoli


RIVA. Lui trascorreva undici ore nel ristorante, dalle 10.30 alle 15.30, e dalle 17.30 alle 23.30, ma sul foglio presenze risultava in ferie per più giorni o di riposo. È uno dei passaggi più significativi del racconto che uno dei dipendenti pakistani del ristorante Sushiko di viale Rovereto ha fatto ai finanzieri di Riva nel corso delle indagini che hanno portato all’arresto per sfruttamento del lavoro ed estorsione Feng Chen, 30 anni, (detto Yuri) e Feng Wang (alias Colfù), 35 anni, entrambi cittadini cinesi.

Una situazione insostenibile anche dal punto di vista fisico, tanto che uno dei dipendenti si è dovuto assentare dal lavoro per tre giorni per una infiammazione al piede: di fronte al certificato, il dipendente ventinovenne ha raccontato agli inquirenti che Yuri gli ha chiesto di restituirgli 75 euro, 25 per ogni giorno di lavoro saltato. Scalare i soldi dalla paga era, secondo quanto appurato nel corso dell’indagine, una pratica sistematica: 800 euro la cifra massima pagata realmente, nessuno straordinario retribuito e chi osava chiedere qualcosa in più veniva minacciato di licenziamento. Una pratica diventata più difficile dalla scorsa estate con l’introduzione dell’obbligo della tracciabilità dei pagamenti degli stipendi. Ma anche qui, secondo i dipendenti del Sushiko, i titolari avrebbero trovare un modo per recuperare il denaro, ad esempio scalando in busta paga inesistenti anticipi di stipendio (in un caso addirittura 420 euro). Più spesso, i titolari del ristorante usavano modi spicci, costringendo tutti a restituire il denaro che in busta paga eccedeva gli 800 euro. Pesantissimo anche il clima sul luogo di lavoro: i dipendenti erano – questo hanno raccontato – controllati a vista, invitati a fare sempre in fretta e impossibilitati a sedersi anche solo per qualche attimo.

Solo uno si è ribellato, non restituendo mai i soldi, chiesti anche quando aveva preso 5 giorni di permesso (previsti dal contratto) per andare a trovare parenti a Venezia. Risultato, un giorno il dipendente si è presentato al ristorante e – secondo la sua testimonianza – Yuri gli ha presentato un foglio di dimissioni volontarie controfirmate. Una firma in realtà falsa. Ma quando il lavoratore lo ha fatto notare, dicendo che lo avrebbe denunciato, è stato cacciato in malo modo. E così il giovane pakistano è finito sulla strada, costretto a dormire sulle panchine della stazione delle corriere di Riva. Caduta nel vuoto, poi, anche la richiesta successiva di pagare straordinari e tfr: lo hanno liquidato proponendogli un forfait di 250 euro.

Agghiacciante anche la situazione descritta nelle testimonianze riguardo a vitto e alloggio. Per poter stipare più persone nell’alloggio di S.Alessandro, Feng Wang ha rinunciato anche alla cucina. Sino a dodici hanno dormito, con materassi gettati a terra uno accanto all’altro, in settanta metri quadrati. Il vitto, secondo le testimonianze, consisteva in poca farina per fare le piadine, un po’ di pollo e verdure, da consumare al ristorante. Per poter mangiare qualcosa in più, i dipendenti pakistani facevano una colletta per la spesa.

Questo il quadro emerso nel corso dell’indagine, che non si è ancora conclusa. Una delle attività che impegneranno i finanzieri della tenenza di Riva, comandata dal capitano Elena D’Onofrio, è proprio la ricostruzione del reddito imponibile reale dei dipendenti del ristorante, calcolando quindi straordinari, riposi e ferie non goduti. Un calcolo che servirà anche a stabilire l’eventuale evasione contributiva a danno dell’Inps.













Scuola & Ricerca

In primo piano