Bloccati in grotta nel 1927 come i ragazzi thailandesi 

CASTELLO TESINO. Nell'ultimo mese gli occhi di tutti sono stati puntati sulla Thailandia, in apprensione per la sorte dei 12 giovani calciatori e del loro allenatore intrappolati in una grotta. Una...


di Marika Caumo


CASTELLO TESINO. Nell'ultimo mese gli occhi di tutti sono stati puntati sulla Thailandia, in apprensione per la sorte dei 12 giovani calciatori e del loro allenatore intrappolati in una grotta. Una vicenda conclusasi bene, con il loro salvataggio che ad Eraldo Busarello, cittadino di Castello Tesino, ha fatto tornare alla memoria un analogo episodio accaduto nella grotta del paese nel lontano 1927. Una storia che gli fu raccontata dal nonno Augusto Busarello Franza, guida turistica per trent’anni nella grotta di Castello Tesino. Parole ancora impresse, quelle del nonno, che raccontava: «All’inizio del 1927 il podestà Ermanno Pasqualini e il dottor Ermete Sordo, su indicazioni precise di Bortolo Da Rugna, entrarono in una cavità poco sopra il Torrente Senalga nel comune di Castello Tesino. Quando furono all’interno si resero subito conto di trovarsi di fronte ad uno spettacolo mozzafiato. Ritornati in paese, entusiasti di questa scoperta, organizzarono un gruppo con al seguito un fotografo per documentare l’esplorazione. Nella squadra, composta da cinque persone, il mio ruolo era legato alla gestione dell’illuminazione con lampade alimentate a carburo».

Nello scritto Augusto ricorda la giornata di domenica 23 ottobre 1927: «Raggiunto il torrente Senalga, dove il rumore del corso d’acqua copriva quasi le nostre voci, trovammo l’ingresso della grotta. Immersi nei preparativi per l’esplorazione, nessuno fece caso all’acqua del torrente, che scorreva a pochissima distanza dall’apertura nella roccia. Caricate le lampade a carburo, poco dopo eravamo tutti all’interno della cavità».

La magia e lo stupore di quel mondo sotterraneo lasciarono però poi spazio a qualcosa di terribile. «All’improvviso, il delicato suono fu rotto da un rumore incomprensibile. Ci fermammo, mettendoci all’ascolto, per capire da dove provenisse. Qualcuno nella penombra esclamò: “Questa è acqua ed è alle nostre spalle“». Quindi la corsa per guadagnare al più presto l’uscita.

«Più ci avvicinavamo alla meta, più i nostri scarponi si immergevano nell’acqua. Esclamai: il torrente sta allagando la grotta! Seguì un silenzio gelido, come l’acqua ormai arrivata alle ginocchia. Fu chiaro a tutti che fuori stava piovendo e per questo il livello del torrente si era innalzato, sommergendo l’ingresso della grotta».

Il gruppo si portò in una caverna sopraelevata, nel punto più alto, con lo sguardo fisso sull'acqua che continuava a salire e dopo aver inondato il cunicolo principale si presentò ai loro piedi. Poi alle ginocchia. In quella drammatica situazione iniziava a mancare anche l’aria e fu dato l’ordine di spegnere le lampade. La paura e la disperazione erano grandi, tutti convinti che la fine fosse vicina. «Girai e rigirai nervosamente tra le dita il tappo di sughero della bottiglia che avevo con me ed istintivamente lo passai sopra la fiammella fino a quando divenne un carboncino- prosegue nello scritto Augusto- Alzato il braccio verso l’alto, scrissi sulla volta della caverna: “Vi vogliamo bene”. Qualcuno disse: Augusto, non serve a nulla, quando saremmo annegati l’acqua la cancellerà. In quel luogo sotterraneo il tempo si era fermato come la nostra speranza di uscire vivi».

Nel frattempo in paese, non vedendoli ritornare, in piena notte la macchina dei soccorsi si mise in moto. Il podestà organizzò una squadra di uomini composta anche da minatori attrezzati con badili, picconi, esplosivo, detonatori e micce. Lunedì 24 ottobre 1927 alle ore sette, una potente deflagrazione aprì una breccia in un diaframma della galleria. «Come un lavandino appena sturato, l’acqua iniziò a scendere e il rumore si confuse con le voci dei soccorritori», conclude lo scritto di Augusto. A ricordo di questa tragedia sfiorata, la cavità porta il nome "Caverna 23 ottobre".













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