Antonioni nel nuovo Cd parla di sé senza tabù 

Musica. Il nuovo album del cantautore di Rabbi uscirà il 21 marzo. Come negli altri due, anche in “Blot” le canzoni sono in dialetto. Le registrazioni nell’antica stube della nonna dell’autore



RABBI. Paolo Antonioni, il cantautore della Val di Rabbi, è pronto per lanciare la sua terza fatica discografica: “Blot”, un disco che raccoglie 10 tracce che raccontano tanto della vita del trentenne della località Cotorni di Rabbi. A raccontare l’esito di un inverno di duro lavoro è lo stesso Antonioni: «Sto finendo il mio terzo disco e sono felice di poter raccontare la sua origine. Questo album si intitola “Blot”, una parola che ha una varietà di accezioni. Può significare “nudo”, ma anche “genuino”, “senza truffe” e anche “grezzo” in qualche modo. Quella era infatti l’idea di base del progetto: poeticamente poter parlare di me stesso senza tabù e musicalmente registrare tutto dal vivo, senza tracce separate o sovraincisioni».

A rendere ulteriormente significativa l’opera di Antonioni c’è il consueto legame con le sue origini, con la lingua d’incisione del disco che rimane il rabbiese e con la scelta di registrare tutto in un luogo caro alla sua famiglia. «Per l’incisione di un disco che nell’idea originale era così “crudo” ho deciso di utilizzare una tipica stube dell’Ottocento, proprio la stube dove è nata mia nonna e dove ha vissuto con la sua famiglia, condividendola in nove come stanza da letto. Il lavoro è stato un po’ difficile, perché nella stube non c’è né corrente elettrica né riscaldamento, ma comunque, seduto sulla panchina della vecchia stufa, ho registrato le dieci canzoni che sono nel disco, in uscita il 21 marzo. Anche se l’idea di partenza era di fare un lavoro autobiografico dopo l’ultimo disco (“Chjanzon Dausine”, un lavoro di cover di canzoni provenienti da altre lingue minoritarie d’Europa, ndr), metà delle canzoni che sono “sbocciate” parlano invece di altre persone, sia personaggi della valle sia “famosi”. Questo fatto è stato molto interessante, poiché anche se i protagonisti sono altre persone essi sono comunque uno specchio per la mia vita, le mie emozioni, idee o aspirazioni. Doveva essere un disco solitario e invece la presenza di questi altri personaggi nelle composizioni ha gettato luce sul fatto che non siamo nulla da soli, che c’è sempre qualcosa che impariamo e qualcosa che insegniamo, qualcosa che diamo e qualcosa che prendiamo. E che siamo anche il risultato delle nostre interazioni. Durante il processo di mixaggio l’atmosfera della stube si è persa su qualche traccia per lasciare posto ad altri spazi, ad un suono che fosse più evocativo e consono alla storia cantata nella canzone».

A questo punto, non ci resta che augurare buon successo ad Antonioni, che nella realizzazione della sua terza fatica si è avvalso, come nel precedente “Chjanzon Dausine”, dell’amico Andrea Daprà, della Corte dei Toldi di Terzolas. S.Z.













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