Scuola al passo con i tempi tra internet e classi digitali 

I programmi. All’Istituto di Lavis ora c’è chi coordina le iniziative di educazione all’uso  consapevole della rete e si organizzano incontri: il prossimo è con Berti della Polizia postale


DANIELE ERLER


LAVIS. «Un tempo la scuola contribuiva a formare l’identità personale dei ragazzi. Oggi invece dobbiamo pensare anche alla loro identità digitale», dice Stefano Chesini, dirigente dell’Istituto comprensivo di Lavis. La chiamano “educazione civica digitale”. Nasce dalla consapevolezza che la scuola deve vivere nel suo tempo e non può chiudere gli occhi sul mondo che sta cambiando.

Lavis in questi giorni ha assunto un certo rilievo nazionale per il “No chat day”. La Parrocchia ha chiesto ai fedeli di rinunciare all’utilizzo dei cellulari, come fioretto nei venerdì di Quaresima. Nei giorni scorsi si è parlato di questa iniziativa anche al “Ruggito del coniglio”, una delle trasmissioni radiofoniche più seguite d’Italia. L’idea nasce in realtà da un problema che non riguarda solo i credenti. Come si possono educare i ragazzi, anche molto piccoli, all’utilizzo responsabile delle nuove tecnologie? Lo abbiamo chiesto agli insegnanti dell’Istituto comprensivo, per capire come la scuola sta cambiando per affrontare al meglio questo tema.

Animatori digitali

«L’argomento è così importante che abbiamo deciso di inserirlo nel nostro programma di Istituto – spiega il dirigente –. Significa che le iniziative non riguardano singole classi, ma tutta la scuola, perché nessuno può rimanerne fuori. In passato era un tema che affrontavamo alle scuole medie, adesso invece iniziamo già alle elementari: perché in terza i bambini usano il cellulare e con i videogiochi accedono a internet».

Da quest’anno nelle scuole di tutto il Trentino esiste una nuova figura. Si chiama “animatore digitale” e ha il compito di coordinare le iniziative che educano a un uso consapevole della rete. Il problema è che non ci si può limitare ai ragazzi. Troppe volte i genitori non sono consapevoli dei pericoli di un mancato controllo. La scuola organizza incontri con psicologi e forze dell’ordine: lo fa nelle classi, ma anche in serate dedicate agli adulti. La prossima sarà mercoledì, con Mario Berti, sovrintendente della Polizia postale.

«Il genitore non deve rincorrere i figli e conoscere ogni cosa – spiega Mara Beber, insegnante alle medie e animatrice digitale – però è importante che si instauri un rapporto di fiducia. I genitori devono parlare con i figli e devono controllare quello che fanno. Spesso invece il tablet diventa una sorta di baby sitter gratuita». I genitori si sentono tranquilli, perché vedono i loro figli concentrati su uno schermo. Anche se sono come in una barca, immersa nell’oceano virtuale.

Classi virtuali

La tecnologia non ha ovviamente solo aspetti negativi. Nelle scuole di Lavis viene utilizzata anche come strumento per insegnare. Ci sono classi virtuali, dove gli insegnanti possono condividere materiali di approfondimento o di recupero. Grazie a questi strumenti, si possono fare verifiche personalizzate per ognuno degli alunni, sulla base delle loro caratteristiche e inclinazioni. «C’è una logica social che si riflette anche nell’insegnamento – spiega l’altra animatrice digitale, la maestra Loretta Perlot –. La classe virtuale è come se fosse un piccolo Facebook, creato però in un ambiente protetto. Gli alunni possono accedere e commentare ogni cosa. E così vengono educati anche a un utilizzo responsabile dei media». A dimostrazione che il problema non è mai il mezzo, ma l’uso che se ne fa. E la cultura digitale è una materia che ormai si studia già alle elementari.

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