«Le ciclabili ostacolano gli agricoltori» 

Lavis, vagliati i progetti in essere. «Le piste portano con sé limitazioni ai trattamenti, pericoli, rifiuti e maleducazione»


di Daniele Erler


LAVIS. Come si fa a far convivere la voglia di nuove piste ciclabili e percorsi turistici con le paure degli agricoltori e di chi vive le campagne come il proprio luogo di lavoro? Lunedì sera una trentina di agricoltori hanno preso carta, pennarelli e soprattutto le cartine geografiche. I contadini – alcuni anche particolarmente agguerriti – hanno passato al vaglio il piano territoriale della Comunità di valle, nella parte dedicata alle infrastrutture. Si è discusso di piste ciclabili, di reti stradali e di grandi opere: tutto ciò che impatterà sul territorio della Rotaliana Königsberg nel futuro.

Dopo una prima parte più accademica, in cui il tecnico Corrado Diamantini, professore all’Università di Trento, ha spiegato lo stato dell’arte e il piano territoriale così com’è, il pubblico si è diviso in piccoli gruppi. Hanno formato dei tavoli di lavoro per raccogliere le osservazioni, le idee e soprattutto le critiche. Talvolta facendosi prendere un po’ troppo la mano e finendo fuori tema. Graziano Tomasin, assessore all’urbanistica della Comunità, spiega che per ora «il piano è ancora una bozza, suscettibile di modifiche». In altre parole, alcune delle osservazioni potranno essere recepite.

Sta di fatto che se si parla del futuro delle infrastrutture in Rotaliana, una parte importante è dedicata alle piste ciclabili, con nuovi percorsi e raccordi fra le reti esistenti. Visione però che preoccupa gli agricoltori: «Bisogna valutare bene l’inserimento di nuove piste ciclabili nelle aree agricole – dice uno –. Altrimenti in futuro qui non si farà più agricoltura e si farà solo turismo». «Forse sembriamo chiusi – insiste un altro – ma in passato si sono fatti troppi errori: noi agricoltori dobbiamo tutelarci perché per noi la campagna è un luogo di lavoro. Proprio come se fosse un cantiere». Così anche il progetto del collegamento turistico, in questo caso solo pedonale, fra i masi sulle colline avisiane – è un’idea portata avanti dal Comune di Lavis con il consorzio turistico, ora recepita dalla Comunità – preoccupa alcuni agricoltori che lavorano in zona. «Il tracciato, così come è stato previsto, insiste anche su territori agricoli privati. Va rivisto, coinvolgendo di più chi vive in zona», dice un vignaiolo.

Roberto Piffer, consigliere comunale di Lavis, ha suggerito di individuare delle priorità: e di realizzare prima le piste ciclabili più urgenti, quelle che servono per garantire uno scambio di mobilità. Un esempio? Il collegamento ciclabile fra il centro di Lavis e la stazione ferroviaria.

Tornando però alle preoccupazioni degli agricoltori, due sono i motivi principali. Il primo è che la presenza di piste ciclabili porta con sé dei limiti normativi nell’utilizzo dei fitosanitari. L’altro, più generale, è per la maleducazione di alcuni cicloturisti. Roberto Zeni, uno dei vignaioli, invita i tecnici della Comunità nelle sue campagne: «Venite a vedere cosa succede – dice – già oggi passano i ciclisti e si lanciano a tutta velocità. Quando ci muoviamo coi trattori è pericolosissimo. E poi manca il senso civico: nelle campagne troviamo rifiuti di tutti i tipi. Noi offriamo il nostro verde e la bellezza. Ma siamo preoccupati, perché in cambio non ci viene dato il rispetto».

Diamantini spiega che in realtà alcuni tratti segnati in cartografia come raccordo fra ciclabili saranno a uso promiscuo e non porteranno alcun vincolo per gli agricoltori. L’intervento più grosso semmai riguarda la parte destra del Noce, dove si vuole costruire una nuova ciclabile: ma – assicura il tecnico – «ci siamo tenuti lontani dalle campagne». E poi aggiunge: «Dovreste essere voi vignaioli a prendere a cuore questi progetti. Guardate l’Alto Adige, la loro fortuna è stata l’apertura, non la chiusura. Perché avete queste paure? La strada per lo sviluppo della Rotaliana è la sinergia fra bisogni diversi». Ma uno dei vignaioli si lascia sfuggire: «Noi stiamo già bene, perché dovremmo copiare l’Alto Adige? Non siamo contrari allo sviluppo del nostro territorio. Ma ci preoccupa il rischio di ostacoli al nostro lavoro».















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