Lago di Tovel, scatterà la visita su prenotazione Come per il Cenacolo 

Si va verso il numero chiuso. Con appuntamento fissato: come in un museo. Per salvare la natura


Paolo Mantovan


Il lago di Tovel d’autunno è uno spettacolo. Ma è anche una “creatura” da proteggere. È il periodo del silenzio, dell’inizio del lungo riposo di animali e piante. Tutti devono rifiatare. Diventa il luogo in cui rigenerarsi. Lassù, a quasi 1200 metri d’altitudine. Ma intanto fra i sassi che affiorano lungo il corso, in secca, del rio che esce dal lago, emerge la figura di Marco Pasquin, operaio del Parco Adamello Brenta. E lì, fra i sassi, che raccoglie lattine arrugginite e bottigliette vuote di plastica. Ma come? «È assurdo. Ci sono turisti che non sanno proprio dove arrivano. Buttano rifiuti anche dentro il lago. Qualche giorno fa c’era un papà con due ragazzi e avevano messo le casse con la musica a mille decibel. Mi sono avvicinato e ho detto: scusi eh. Hanno spento».

Siamo a pochi metri dal lago, nella fascia che “precipita” verso il bacino e prende il nome di “Dosso del Lago”, la zona forse più preziosa dal punto di vista naturalistico, ricchissima di animali. «Per fortuna a nessuno viene in mente di addentrarcisi: eppure qui troverebbero specie di uccelli e di insetti rari. Ma hanno tutti in mente di arrivare al lago: mancano pochi metri e si fiondano là» sorride sornione Michele Zeni. È un’area dove spesso si rifugia il picchio. «Che poi è una specie “ombrello”, come si usa dire: fa i nidi (il classico buco nell’albero) e poi magari li abbandona. Così vi trovano riparo tanti altri animali: rapaci notturni, ghiri, scoiattoli, insetti. E pensare che un tempo, anche qui, quando si trovavano gli alberi col buco si eliminavano e ci si faceva legna perché valevano poco commercialmente: pensa te, il regno degli animali».

Gli animali del lago

Ma quando finalmente (sì: finalmente! anche noi, come gli altri turisti) arriviamo sul lago, sgraniamo gli occhi. La vista, già lo sappiamo, è strepitosa: ma quando si è là si rimane stupiti di nuovo. Davanti al lago che rispecchia le cime del Brenta: la Pietra Grande, il Corno di Denno... «Il Corno di Denno, in realtà, noi lo chiamiamo “Grande Formenton”. Forse per la forma?» ci informa Michele Zeni mentre estrae dallo zaino il cannocchiale e lo punta verso il centro del lago. «Sì, è un tuffetto. Guardi». E porge il cannocchiale. «E questo lo sente? È il ciuffolotto». Vabbè, tuffetto, ciuffolotto... Ma nel lago chi ci sta? «Ci sono pesci come le sanguinerole, l’alborella e il salmerino alpino. Ma a volte si possono ammirare dei rapaci come il falco pescatore che s’avventano in superficie per prendere la biscia tassellata o la natrice dal collare, bisce d’acqua». Le sanguinerole, in un’acqua così trasparente, riusciamo a vederle anche noi. All’improvviso un rumore inaspettato. Aumenta e s’avvicina.

I turisti

È un drone che s’è alzato dalla spiaggia e passa qualche metro sopra di noi. Cerchiamo attorno ma non vediamo il pilota. Qualcuno comunque lo sta usando per fare foto o video. «Anche il drone ha un impatto sugli animali. Al di là del rumore, che non è certo terribile, il pericolo è nei confronti dell’avifauna: a volte la poiana si lancia per afferrarlo e rischia di tranciarsi le zampe».

Sulle spiagge ci sono alcuni visitatori, ma non c’è ressa, assolutamente. «Però lei non sa che cosa sono certi giorni d’agosto» ride Gloria Concini, assessore del Parco Adamello Brenta nonché assessore anche del Comune di Ville d’Anaunia (che comprende Tuenno). «Sulla spiaggia in agosto c’è la folla assiepata, vero Michele?». «Sì - risponde Zeni un po’ distrattamente mentre osserva e fotografa le tracce di tasso a fianco del sentiero lungolago - A volte d’estate c’è una folla insostenibile». E il problema è proprio questo. Fino a che punto si possono aprire gli spazi? Fino a dove si può immaginare il lago come se fosse uno stadio con le tribune e i parcheggi?

«Ma non è solo una questione di numeri - interviene Gloria Concini - Certo, se il numero di visitatori cresce in modo esponenziale come è accaduto recentemente, diventa un grosso problema. Ma il vero nodo è come si viene qui. C’è chi crede di trovare un lido: ciabatte e creme solari e basta. Poi magari resta in fila un’ora e mezza in attesa che si liberi un posto. Questo posto non può essere come una spiaggia della riviera».

Uomini e natura

Ecco perché l’ipotesi di un numero chiuso gestito su prenotazione si sta facendo largo. Ora ci sono circa 550 posti macchina nei diversi parcheggi lungo il percorso: a ridosso del lago, alle Glare (luogo che sembra un “copia e incolla” dei Lavini di Marco), all’altezza del Capriolo, al vecchio tamburello, e poi a Tuenno, in paese, esattamente a 12 chilometri da Tovel. Da lì partono i bus navetta, come dalle altre piazzole di sosta e con la tariffa del parcheggio si ha diritto anche al bus andata e ritorno. Ma il fatto di pagare un biglietto a volte fa aumentare le aspettative e le pretese. Così c’è chi si infuria perché sta in coda, chi vuol passare lo stesso anche se i “controlori” del parcheggio intimano l’alt, chi esige la restituzione dei soldi del biglietto perché magari arriva una nuvola di pioggia, chi si lamenta perché la corriera si ferma a 100 metri di distanza dal lago. «Capisce che non si può andare avanti così?».

Con l’ipotesi della prenotazione potrebbe cambiare tutto. Niente code. La certezza di avere un posto. La maggiore probabilità che il turista sia preparato (a capire che si tratta di un parco e di un lago tutelato) e che non si tratti di un turista mordi e fuggi. Occorre puntare sull’«esperienza». Andare a Tovel dev’essere un’esperienza. Merita un viaggio.

Ma certo il lago di Tovel, preso d’assalto dai turisti mordi e fuggi con il costume per rinfrescarsi d’estate e con la macchina fotografica o l’iPhone 11 pro per immortalare i colori d’autunno e metterli subito su Instagram con un selfie, rischia il degrado come per secoli lo subì il Cenacolo di Leonardo Da Vinci, affrescato su una parete del refettorio che confinava con la cucina del convento soggetta a frequenti sbalzi di temperatura, opera d’arte che richiama milioni di visitatori. E come il Cenacolo, così Tovel, opera d’arte della natura, può ritrovare equilibrio con un controllo degli ingressi su prenotazione.

Ecco. Tovel è un esempio lampante delle ricchezze che abbiamo in questo nostro territorio. E che dobbiamo saper gestire e valorizzare. Se punteremo sui numeri rovineremo queste opere d’arte. E il turismo, pian piano, si sposterà altrove.

Ma occorre anche trovare un equilibrio con chi è residente che dai turisti di Tovel non raccoglie quasi nulla. Forse la prenotazione può muovere qualcosa. Di sicuro non aiuta il turista mordi e fuggi. Che va al lago e poi si disinteressa di Tuenno e della val di Non.















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