DAL TRENTINO FIN NELLO YUKON / 6

Il grande freddo e le piccole sorprese

Serve tempo per farsi accettare in una comunità come Keno City dove i residenti d'inverno hanno scelto di vivere proprio per sfuggire alle dinamiche di una vita in società
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Paola Rosà


Che a metà aprile Keno City si risvegli ancora a -20°C non sembra stupire nessuno fra quelli che orgogliosamente si definiscono “i residenti d'inverno”. “La maggior parte degli altri se ne va al sud, magari in Messico, o anche solo in città, dove hai tutte le tue comodità, acqua corrente, negozi. Ma le comodità servono davvero?”, si chiede Jim, che per tutto questo lungo estenuante inverno ha mantenuto aperta la sua Sourdough Tavern da mezzogiorno alle due di notte. Tutti i giorni.

“La differenza fra le stagioni qui è brutale, e non soltanto per le temperature. C'è la luce, che a questa latitudine ci regala il sole di mezzanotte ma che a dicembre ci fa vivere in penombra per diverse settimane. Eppure noi a questi sbalzi siamo abituati. Chi vive qui anche d'inverno, col buio e la solitudine si ricarica in previsione della confusione estiva, quando anche a Keno City arriveranno turisti, oltre che minatori”.

All'ultimo arrivato, anche se è qui da più di due mesi, le dinamiche di Keno City paiono ancora, e probabilmente lo resteranno a lungo, un arcano, un sistema complesso difficile da decifrare. Ci sono giorni in cui il vicino di casa ti squadra interrogativo come se non vi foste bevuti una birra insieme il giorno prima, e il suo sguardo sembra implorarti di lasciarlo in pace mentre spala la neve dal suo piazzale. E altri giorni invece in cui il fatto che Scott e Dick si mettano a tagliare la legna per Lucien, appena rientrato da un mese di ricovero in ortopedia, ti sembra l'indicazione che la generosità e il sostegno reciproco di questi spiriti liberi riscatti ogni altra bruttura sul pianeta.

Il distacco e il rispetto per lo spazio altrui, che per il resto dei canadesi si combinano con una cortesia al limite della recitazione, assumono qui nello Yukon una nota di wilderness, di selvatico, che richiede estrema cautela nei rapporti umani. Qui la discrezione viene prima della gentilezza, per tutti. Ecco perché quando ringraziando Harry per essere passato a Whitehorse a ritirare la tua spesa (ordinata e pagata online) ironizzi sul disturbo che “i vicini” si arrecano in Italia, dove un giorno ti chiedono il sale, il giorno dopo ti offrono il caffè, non ti stupisci che Harry con limpidezza ti spieghi: “Prima di arrivare a Keno City vivevo in una fattoria in campagna e i miei vicini erano ad almeno mezzo chilometro”.

Eppure questi spiriti liberi e solitari, che ti scrutano per settimane senza farti capire che pensano, nonostante rivalità e conflitti irrisolvibili tra l'uno e l'altro riescono a gestire spazi comuni e servizi aperti a tutti, dalla biblioteca riscaldata e aperta 24 ore su 24, alla lavanderia con docce e asciugatrice per il bucato. Si autotassano per pagare Paul che fa le pulizie, e si ritrovano periodicamente a discutere, a deliberare, a decidere chi tiene i conti e chi amministra le spese. “Dobbiamo poterci confrontare sul bene comune anche se tra noi ci sono dei dissidi”, spiega Dick, appena eletto presidente del consiglio di gestione. Di poche parole, di grande presa sugli altri, l'anziano che ha vissuto decenni nel bosco crescendovi anche una figlia, è un'autorità tra i “residenti d'inverno”. Che alla fine di una riunione decisiva per il futuro della comunità, pur senza rivelare alcunché sui contenuti della discussione, si dicono soddisfatti. Questa volta si è raggiunto un accordo. Questa volta tutti sono riusciti a mettere da parte i vecchi rancori.













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