L'OPERAZIONE

Droga, la Mobile di Trento arresta latitante a Vicenza

L'uomo era ricercato dal giugno scorso, quando la polizia fermò 11 richiedenti asilo centroafricani e un italiano. LEGGI L'ARTICOLO: Smantellata una vasta rete di spaccio



TRENTO. La squadra mobile della polizia di Trento, con il concorso di quella di Vicenza, ha arrestato ieri nella cittadina veneta un richiedente asilo centroafricano, latitante, ritenuto responsabile di traffico di sostanze stupefacenti.

L'uomo, nigeriano, 25 anni, che è stato trovato in possesso di 53 dosi di sostanze stupefacente per un peso complessivo di circa 50 grammi, si era reso irreperibile dal 13 giugno 2018, quando la squadra mobile di Trento, diretta dal vicequestore Salvatore Ascione, aveva arrestato 11 richiedenti asilo centroafricani e un italiano e aveva notificato ad altri otto nordafricani richiedenti protezione sussidiaria il divieto dell'obbligo di dimora nelle province di Trento, Verona e Vicenza.

Durante le indagini erano già stati arrestati 16 nigeriani e denunciati altri 8, (in parte poi destinatari delle misure cautelari) per un totale, di 58 tra arresti in flagranza di reato, custodie cautelari in carcere, perquisizioni e divieti di dimora nella provincia di Trento, Verona e Ferrara.

L'operazione Bombizona aveva portato alla luce un vasto traffico di droga tra Trento, Verona, Vicenza e Ferrara, gestito da un'organizzazione criminale, i cui appartenenti erano giunti in Italia come richiedenti asilo per motivi politici-umanitari o di protezione sussidiaria. Gli investigatori hanno denunciato 54 richiedenti asilo accolti in Trentino coinvolti a vario titolo nell'indagine della Squadra Mobile di Trento contro lo spaccio di droga.

Lo stupefacente, una volta immesso nel mercato, prevalentemente eroina e marijuana, era spacciato oltre che nei pressi di istituti scolastici, anche in alcune piazze della città. Gli spacciatori, per evitare i controlli della polizia, comunicavano tra loro tramite Whatsapp e avevano costituito una rete, di cui facevano parte anche italiani tossicodipendenti, capace di intercettare la maggior parte di tossicodipendenti provenienti dalla provincia, utilizzando peraltro donne incinte con a seguito i propri figli. In questo modo si erano assicurati quasi completamente il controllo dello smercio delle sostanze stupefacenti nelle zone più importanti di Trento, a danno degli spacciatori magrebini, costretti a zone più periferiche.

L'organizzazione aveva, anche, intuito che assoldando tossicodipendenti italiani, grazie alle conoscenze di quest'ultimi, si riusciva a consegnare la merce agli «amici» in luoghi diversi da quelli soggetti al controllo della polizia. Non solo, quindi, si fidelizzavano i tossicodipendenti, ma si permetteva a questi, se erano in cura al Serd, di barattare il metadone con l'eroina. Metadone che poi veniva nuovamente immesso sul mercato e venduto a «fidati» amici residenti in provincia di Trento.

 













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