I ristoratori: «Pochi i bravi camerieri siamo in difficoltà» 

I commenti. Turrini: «Chi esce dalla scuola con il diploma in mano poi preferisce cercare posto negli hotel stellati e non nei locali»


Katia Dell’eva


Alto garda. È un problema di cui si sta discutendo a lungo e che va ben oltre i confini trentini, ma che, certamente, in una zona come l'Alto Garda, con la sua naturale conformazione turistica, si percepisce più forte che altrove: è la carenza di personale qualificato nella ristorazione. Punta della questione, i camerieri. Abbiamo provato ad analizzare la situazione insieme ad un campione di ristoratori di Riva, cercando, per quanto possibile, cause ed effetti di questo sottodimensionamento del personale.

La scuola

Partiamo dalla base, dalla scuola. Riva vanta un istituto alberghiero il cui livello risulta competitivo in tutto il territorio provinciale. Perché allora non ci sono giovani camerieri? La risposta, pressoché unanime, degli intervistati, è legata non certo alla formazione che l'istituto garantisce, bensì piuttosto alla vera motivazione dei ragazzi iscritti. «Molti di loro non completano il ciclo di studi» - afferma ad esempio Paolo Turrini, de L'Ora, nonché vicepresidente dell'Associazione Ristoratori del Trentino - «e chi invece raggiunge il diploma, cerca impiego negli alberghi stellati, piuttosto che nei ristoranti». Tolta la fetta più giovane, nel mercato del settore restano allora o disoccupati in cerca di impiego, o camerieri esperti e qualificati. Per quanto riguarda i primi, ad esprimersi molto chiaramente è Simone Migliavacca, responsabile del personale per il ristorante Maffei: «Innanzitutto, rispetto ad anni fa, il numero di curricola che ci vengono consegnati si è drasticamente ridotto. A questo, però, si deve aggiungere che anche i pochi che ci provano, risultano spesso inadeguati» - spiega. «Non solo non hanno competenze professionali, ma addirittura non sanno scrivere un curriculum. In questo senso, allora, io reputo che una parte della colpa la abbiano gli uffici dell'impiego, che dovrebbero insegnare a chi è disoccupato come proporsi al meglio, non al peggio delle sue qualità».

Poche competenze

Tra chi il lavoro non l'ha mai fatto e prova con scarsi risultati a reinventarsi cameriere, nella convinzione che “non sia poi così complicato”, ci sono anche gli immigrati: «Loro entreranno nel mercato nei prossimi 15 anni» - continua Turrini - «ma al momento non sono competitivi, perché vengono da passati professionali completamente diversi. Si dovrebbe investire in una formazione specifica».

Resta, infine, chi il cameriere lo fa da anni e lo sa fare: pochi, pochissimi professionisti che vengono contesi come oro. «Io comincio a cercare dipendenti capaci già a novembre, per la stagione estiva» - spiega Paolo Carli, del Kaputziner, mentre ancora Turrini lamenta una eccessiva competizione tra ristoratori - «praticamente ormai ci rubiamo il personale tra noi». Tra i professionisti, qualche italiano e molti stranieri.

Molti stranieri

«La mancanza di italiani, o ancora peggio di altogardesani, nel settore l'abbiamo causata noi» - denuncia Carli - «quando anni addietro abbiamo preferito assumere solo stranieri perché più economici. Oggi però il risultato è che gli uni hanno cambiato professione, mentre gli altri spesso rientrano nei Paesi di origine con un know-how rinnovato».

Di un caso simile ci racconta Sandra Salvaneschi, da 60 anni gestore del Leon d'oro, ora in mano al figlio: «Per circa una decina d'anni, qui, ha lavorato un ragazzo romeno, Marios, che oggi è tornato in Romania e gestisce un ristorante creato su modello del nostro. Ha imparato qui e ora mette in pratica nella sua terra, che cerca di rilanciarsi». Del resto, per Salvaneschi, gli stranieri hanno sempre avuto una marcia in più: «Lavorano meglio e parlano più lingue. Gli italiani, invece, avanzano pretese come il weekend libero». Eppure, si sa, c'è chi accusa questa preferenza, considerandola una scusa per trattare peggio il proprio personale: «I dipendenti devono essere pagati bene» - dichiara però Paolo Carli, mentre ancora la storica mano del Leon d'oro ribatte - «e devono avere un giorno libero, nonché, spesso, un alloggio in cui poter stare».

Il problema alloggio

Proprio in questa direzione, tuttavia, sembra sorgere un nuovo problema, di cui l'Alto Garda risente fortemente: la carenza di case. «Non c'è dove metterli» - afferma Paolo Turrini - «ma la necessità esiste, basti pensare che anche chi viene da Rovereto, che pure non è lontana ma è collegata male (e tocchiamo un altro dramma “storico” altogardesano) ha bisogno di un posto in cui stare, qui in zona».

Il problema, insomma, in definitiva esiste, e non sembra avere facile soluzione, se non attraverso interventi in più direzioni, una flessibilità allo spostamento, al pari di altre professioni, come conclude Leandro Ancona, del franchising Panem: «Il nostro modello particolare di ristorazione prevede che i dipendenti vengano da altre sedi in tutta Italia, ed è il solo modo in cui siamo riusciti a coprire la carenza di personale».

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