Ex Argentina, il rebus dei volumi
La super-perizia. Anche per il tecnico nominato dalla Corte d’appello ci sono volumi (5mila metri) calcolati erroneamente come interrati, ma rispetto alla precedente valutazione è molto ridimensionata la parte in eccesso. «Disatteso completamente il recupero filologico»
arco. Ora la palla passerà ai periti di parte per le osservazioni, ma dalla super-perizia affidata dai giudici della Corte d’appello di Trento all’architetto milanese Roberto Maccabruni (e depositata il 6 marzo) emergono alcuni elementi interessanti nella vicenda ex Argentina, per la quale ci sono otto persone in attesa di giudizio.
Le cubature.
Nella prima perizia, quella richiesta dalla Procura di Rovereto e affidata al geometra Paolo Bruschetti, si era arrivati alla conclusione che la Cosmi aveva realizzato 19.850 metri cubi in più del consentito. Un calcolo di fatto sconfessato da Maccabruni. Il calcolo delle cubature preesistenti è sempre stato uno dei punti meno chiari della vicenda ex Argentina ed oggetto in passato (sotto la giunta di Eugenio Mantovani) di ricorsi alla giustizia amministrativa. Maccabruni di fatto parte dall’idea che non c’è mai stato un rilievo puntuale (per altro richiesto ancora nel 2000 alla proprietà dall’allora dirigente dell’area tecnica, ingegner Luigi Campostrini). Il perito, quindi, ha come punto di partenza gli accertamenti del 2002 effettuati in contraddittorio dal geometra comunale Stefano Pedrotti (scomparso alcuni anni fa) e da un tecnico dello studio Losi: si stabilì che la cubatura preesistente era di 21.279,90 metri cubi, che è quanto contenuto nel Piano di recupero approvato dal Consiglio comunale di Arco. Numeri quindi ben lontani dai 10.371 metri cubi di preesistente calcolati nella prima perizia. Anche secondo Maccabruni, comunque, c’è un vizio nel calcolo delle attuali volumetrie considerate interrate, in particolare per quanto riguarda le autorimesse dell’edificio A, quello che si affaccia su via Lomego. Secondo il perito, pur “mascherati” con la vegetazione, i box risultano fuori terra per un totale di 4.883 metri cubi, pari a circa il 30% della volumetria totale residenziale consentita.
Recupero filologico.
Su un punto c’è piena convergenza tra la prima e la seconda perizia. Nella realizzazione del complesso ex Olivenheim è stato completamente disatteso il recupero filologico dell’edificio, che era esplicitamente previsto. In particolare, era previsto il recupero delle facciate principali e degli apparati decorativi. Cosa che è stata pacificamente disattesa, visto che i volumi originari sono stati demoliti e successivamente ricostruiti senza tener in alcun conto il preesistente.
Edificio “A” e “D”.
Secondo il perito, la decisione di collocare a monte dell’ex fabbricato sanatorio l’edificio “D” risulta in contrasto con le previsioni, poiché l’altezza dell’immobile supera la quota dell’esistente via Olivaia, immersa nelle storiche piantagioni di olivi e “incide indubitabilmente sulla visuale prospettica verso il Castello di Arco”. Fuori norma, secondo Maccabruni, anche l’edificio “A”, che non rispetterebbe le distanze dalla strada. Violazione che - osserva il perito - non può essere soggetta a sanatoria.
L’ex Calvario.
Secondo l’architetto Maccabruni il Piano di recupero disattende in modo chiaro la prescrizione di prevedere una quota del 25% della cubatura da destinare al comparto alberghiero. Per il perito la “saturazione” della quota residenziale nel compendio ex Argentina ha reso impossibile l’utilizzo del compendio ex Calvario, che ha una cubatura di 3.664 metri, 1.657 in meno di quelli da destinare all’alberghiero. Per Maccabruni un corto-circuito, visto che la pianificazione impediva la possibilità di demolire l’ex Calvario, pena il divieto di riedificare.
Piano di recupero.
Il Piano di recupero per l’ex Argentina è scaduto il 7 febbraio scorso. La Cosmi ha presentato istanza di proroga, ma il Comune di Arco ha risposto, dopo aver sentito gli uffici provinciali, che non vi è possibilità di proroga dopo i 10 anni e non ci può essere conferma di validità per altri tre così come previsto dalla norma nazionale non recepita dalla Provincia. Stessa sorte toccata all’ex Cattoi.