Sulle quote rosa il Trentino ha battuto l'Alto Adige


di Alberto Faustini


«Invidio molte cose al Trentino, ma se devo fare un elenco comincio dalla ricerca, dall’università e dall’idea di autonomia, che lì è data meno per scontata e sulla quale non ci sono le forzature che ci sono da noi, dove qualcuno forse vorrebbe un’altra Catalogna, senza rendersi conto delle grandi conquiste di questi anni».

Mi ha quasi spiazzato, il Landeshauptmann Arno Kompatscher, rispondendomi così, nel corso del lungo confronto con il governatore trentino Ugo Rossi. Perché siamo sempre portati a pensare che l’Alto Adige, sentendosi l’ombelico del mondo, non abbia mai da invidiare nulla a nessuno, men che meno ai cugini trentini. Cugini, sia detto con chiarezza, che proprio grazie ai grandi investimenti in conoscenza hanno cambiato marcia. Trento corre infatti grazie a un’università che ha reso internazionale la città in pochi decenni, in una continua e ampia contaminazione. Gli investimenti sull’alta formazione, con le Fondazioni FBK e Mach in prima fila, e i festival - altra grande occasione d’osmosi senza uguali - hanno fatto il resto. Ed è importante, da ogni punto di vista, che il presidente altoatesino se ne accorga. Perché Bolzano e l’Alto Adige potrebbero non bastarsi all’infinito. E il Trentino non è solo una stampella per andare a Roma a far valere con più forza le ragioni dell’autonomia: è anche un alleato col quale si può dialogare in modo nuovo, passando dalla concorrenza alla reale collaborazione. 

Ma da venerdì c’è una cosa in più che l’Alto Adige deve invidiare al Trentino: è la legge sulle quote rosa. Il Consiglio provinciale trentino ha infatti approvato il doppio voto di genere. In sostanza, chi esprimerà due preferenze dovrà votare anche una donna. Una legge che l’Alto Adige deve essere in grado di copiare al volo. Perché l’autonomia si misura anche e soprattutto nella capacità di guardare (e andare) oltre.













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