La Bolzano di Giancarlo Bolognini



Sulle scale, nei volti commossi, c’era la sua Bolzano. Quella di ieri. Quella di oggi. Quella italiana, ma anche quella che - come lui - aveva creduto senza se e senza ma nella convivenza. Convivenza, si badi bene, non subalternità. Un percorso da costruire di giorno in giorno. Con orgoglio, ma senza forzature. Perché la politica ha bisogno di intelligenza ancor prima che di idee, di pazienza ancor prima che di inutili accelerazioni. 

Fra uno scalino e l’altro, verso la camera ardente allestita dal Comune, visi noti, a cominciare da quello dell’ex presidente del consiglio Enrico Letta - che per lui ha avuto parole intrise di sincera riconoscenza - e visi meno noti. Quelli di chi ricorda il sindaco. Quelli di chi ha stimato l’assessore provinciale. Quelli di chi non dimenticherà mai il suo impegno per lo sport, dal calcio all’hockey. Quelli di chi, con lui, hanno perso una luce sempre in grado di indicare il cammino. Un giacimento di memoria. Di aneddoti. Di storie di una Bolzano di cui lui, in un certo senso, è stato uno dei costruttori. Quelli, ancora, che hanno ricevuto un aiuto, una mano, un sorriso. Era anche burbero, con quel suo vocione. E aveva sempre un’opinione su tutto. Ed era, nella semplice magia che abita nella normalità, un marito, un padre, che sapeva condividere, come ha scritto il figlio Michele sui social con parole delicate, le piccole e le grandi cose. Magari sempre con un po’ di ritardo. Magari sempre di corsa. Sempre consapevole, in particolare, del ruolo che il destino gli aveva assegnato. Quello d’essere un collante, anche nei momenti difficili. Che non sono mancati. Nel partito, quella Dc che oggi sembra un pezzo d’archeologia ma che sa ancora ricostituirsi di fronte a un feretro occupato da una persona speciale. Nelle istituzioni, a cominciare proprio dal Comune che aveva guidato per tre legislature in anni non semplici (dal 1968 al 1983). Nella Provincia - prima con Magnago e poi con Durnwalder -, ma soprattutto nella società, in una trama che costruiva e accudiva e che era fatta di strette di mano, di piccoli passi, dei volti di chi anche ieri mattina ha voluto salutarlo ancora una volta. Con quella che in un certo senso definirei nostalgia per il futuro: quel grumo di passato pieno di ricordi, quel mosaico d’un tempo che per mille ragioni si vorrebbe rivivere.

Le tante lacrime versate per Giancarlo Bolognini sono più di un tributo: sono il grazie detto a un amico non facile, ma certamente unico. E sono anche una piccola lezione per molti politici di oggi.

 













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