Il sogno infranto di Rodolfo Borga, morto davvero troppo presto



Se ne è andato a 56 anni. Proprio mentre il suo sogno (la giunta alternativa al centrosinistra) muoveva i primi passi. È triste e persino beffarda, l’ultima pagina della storia di Rodolfo Borga. 

L’avvocato Borga - sposato, due figlie - era la destra dal volto umano. Ancor prima delle svolte di Fini, lui cercava di inserire moderazione e schiettezza popolare in quello che era un senso d’appartenenza, comunque fiero, a una destra conservatrice che immaginava di governo. 

Ma la vita è strana: ha abbandonato Borga proprio mentre le sue idee e il suo modo d’intendere la comunità entravano dalla porta principale nel Palazzo. Certo, è stato sindaco di Mezzolombardo (una sorpresa solo per chi non lo conosceva), è stato a lungo consigliere provinciale. Ma la vera svolta sarebbe arrivata con la sua vicepresidenza in Provincia: una vicepresidenza che Fugatti, che lo considerava un prezioso fratello maggiore, ha potuto solo promettergli. Perché Borga voleva prima sconfiggere la malattia e poi buttarsi a capofitto in questo progetto. Con lo spirito, la preparazione e la lealtà con cui aveva fondato una lista civica che fin dall’inizio s’è palesata come alternativa al tradizionale civismo trentino a forma di Margherita e di altre esperienze di centrosinistra. Mentre gli altri lo copiavano, s’inventavano altre aggregazioni e facevano capriole tipiche della politica, lui non s’è mosso: convinto che le radici del suo movimento - costruito dal basso, nei bar più che nei salotti, fra la gente più che fra i potenti - avrebbero attecchito a dispetto dei grandi tumulti che hanno modificato gli assetti della politica e della società trentina. Ha avuto ragione, essendo diventato il suo movimento un ingranaggio fondamentale del trionfo di un presidente - Fugatti - che alle liste civiche deve gran parte del suo successo. Ma ha fatto appena in tempo a godersi il sapore dolce della sua più bella vittoria politica. 













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