troppe tragedie

Che cosa si attende a mettere in sicurezza la statale in Valsugana?

C'è un tratto di sette chilometri che è palesemente pericoloso da più di vent'anni: non si può attendere oltre per una sistemazione. Vera. Con spartitraffico


Paolo Mantovan


Sì, ciò che più fa rabbrividire è che sulla statale della Valsugana si chiede da più di vent’anni di mettere la strada in sicurezza. Perché non ci siano più morti. Perché non si debba rischiare così facilmente la vita viaggiando. È una questione di messa in sicurezza, prima di tutto: qui non si discute di autostrade o di grandi progetti firmati, non è necessario costruire la più bella strada a quattro corsie del mondo, no, accidenti, perché a furia di immaginare in grande, si finisce per non fare niente o quasi per la sicurezza. In tutti questi anni, da quando si insiste a dire che lì, in quel tratto, c’è troppo pericolo, la Provincia ha fatto certamente qualcosa, ma si tratta soltanto di microinterventi di miglioramento: tolti alcuni incroci a raso, allargato qualche breve tratto di strada, stabilito il limite dei 70 all’ora, tutte piccole cose. Piccole cose che continuano a lasciarci quei sette chilometri a due corsie, senza spartitraffico, a rischio scontro frontale, a rischio uscita di strada in un fossato, con i camion telonati che possono sbilanciarsi in un nanosecondo per una folata di vento, sbandare, invadere l’altra corsia; con tutti questi rischi, appunto, e con la certezza che ormai di morti, lì, in quei 7 chilometri, se ne contano tantissimi.

Quanto occorre attendere ancora perché si veda un intervento serio, definitivo, di messa in sicurezza? In questa provincia così attenta a migliorare il “capitale sociale” è davvero così difficile mettere in sicurezza sette chilometri di strada della Valsugana? In questa provincia così attenta a tutti i suoi impianti utili per il turismo, riusciremo finalmente a trovare quel po’ di denaro che occorre per ridurre drasticamente il “costo sociale” della perdita di tutte quelle vite? In questa provincia, con le istituzioni così rapide a intervenire quando si tratta di dare continuità agli impianti sciistici, vedi gli impianti del Rolle, vedi i milioni per Folgarida Marilleva, vedi persino i 600 mila euro che tre anni fa Trentino Sviluppo ha usato per acquisire gli impianti della Panarotta (che oggi è nel mirino della procura di Trento guardate per che cosa: per la sicurezza!), ebbene, se c’è tutta questa rapidità nel tenere in piedi (giustamente, figuriamoci) i nostri impianti sciistici, è possibile pretendere quantomeno la medesima rapidità e completezza nell’intervenire su un tratto di strada da incubo?

Certo, un intervento di messa in sicurezza (da 3,7 milioni di euro) è previsto da tempo e adesso, sotto la pressione degli ultimi eventi, i tempi si sono accorciati: è notizia di ieri che la gara è stata fissata per il 21 febbraio. Poi i tempi di legge per l’aggiudicazione. Ma anche questo intervento non sarà sufficiente: riguarda un tratto soltanto (per l’allargamento parziale della strada) e comunque non prevede lo spartitraffico.

Praticamente siamo ancora all’anno zero. Il tratto a due sole corsie è di 7 chilometri. La percezione di maggiore pericolosità la si ha su circa 3 chilometri, la “famigerata” retta di Ospedaletto che corre per un chilometro dentro il territorio dello stesso Ospedaletto e per altri due nel comune di Castel Ivano. Il progetto di sistemazione è ipotizzato su questa parte, quella “infernale”. Eppure la pericolosità riguarda tutti e sette i chilometri: tanto che l’ultimo incidente mortale, quello di lunedì, non è avvenuto sul tratto di strada su cui si prevede l’intervento. E anche lì non c’è lo spartitraffico e anche lì, come mostrano tragicamente le foto, non c’è un guardrail e c’è invece un fossato laterale.

Ma l’unico vero intervento capace di limitare la pericolosità (lo predicano da anni i sindaci della Valsugana) è la posa di uno spartitraffico, uno strumento che certamente riduce la velocità media lungo quel tratto, ma qualcosa dobbiamo pur scegliere. E andare ai 60 o 50 all’ora per sette chilometri non creerà gravi problemi a nessuno, specialmente se ridurrà drasticamente il rischio di incidenti mortali. Alcuni contestano che lo spartitraffico porterebbe a una rigidità intollerabile per eventuali mezzi di soccorso, ma a costoro è facile ribattere che è meglio prevenire le situazioni che richiedono l’intervento dei soccorsi piuttosto che facilitare le vie d’accesso ai soccorsi e che - al di là delle battute di spirito - si trova sul mercato con facilità uno spartitraffico “mobile”, con varchi semoventi. Certo non si può avere il rischio zero. Ma ridurre il rischio sì.

Non spetta a noi calcolare i costi. Ma gli esperti in materia suggeriscono che si potrebbe avere uno spartitraffico mobile e qualche piazzola per far defluire il traffico, per una cifra attorno al milione di euro. Mettiamo anche un milione e mezzo. La Provincia di Trento è in grado di trovarli? Può calendarizzare l’operazione insieme a qualche altra acquisizione di impianti sciistici? È una questione di sicurezza.













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